L'omaggio di Q. Orazio Flacco alla terra tiburtina

Carmen VII.
Laudabunt alii claram Rhodon aut Mytilenen
aut Epheson bimarisve Corinthi
moenia vel Baccho Thebas vel Apolline Delphos
insignis aut Thessala Tempe;
sunt quibus unum opus est intactae Palladis urbem
carmine perpetuo celebrare et
undique decerptam fronti praeponere olivam;
plurimus in Iunonis honorem
aptum dicet equis Argos ditisque Mycenas:
me nec tam patiens Lacedaemon
nec tam Larisae percussit campus opimae
quam domus Albuneae resonantis
et praeceps Anio ac Tiburni lucus et uda
mobilibus pomaria rivis.
albus ut obscuro deterget nubila caelo
saepe Notus neque parturit imbris
perpetuos sic tu sapiens finire memento
tristitiam vitaeque labores
molli Plance mero seu te fulgentia signis
castra tenent seu densa tenebit
Tiburis umbra tui. Teucer Salamina patremque
cum fugeret tamen uda Lyaeo
tempora populea fertur vinxisse corona
sic tristis adfatus amicos:
`quo nos cumque feret melior fortuna parente
ibimus---o socii comitesque
nil desperandum Teucro duce et auspice: Teucri
certus enim promisit Apollo
ambiguam tellure nova Salamina futuram.
fortes peioraque passi
mecum saepe viri nunc vino pellite curas;
cras ingens iterabimus aequor.'
oggi faceva così caldo...un ritorno d'estate, un contrasto forte tra il fresco della mia casetta in campagna e le folate d'aria che sono entrate quando ho aperto le finestre. Sono stato fino a notte, contento di stare solo, senza il telefono, senza l'orologio a fare cose minimali come pulire il locale del pozzo o mettere a posto gli attrezzi. Cose di cui spesso mi trovo a pensare " uno di questi giorni lo faccio " che equivale invece a " uno di questi anni lo faccio" cioè...mai.
Poi sono salito sul tetto dell'altro casale, per sistemare un comignolo e guardando ad est mi sono sorpreso a rimirare il Lucretile, saldo ed imponente come un bastione e poi il Morra e poi Tivoli baciato dal sole, con l'Aniene che precipita furente nella gola ma poi placido incontra la piana e traversa questa terra così antica di storia e adesso così segnata - a volte martoriata - dall'attività umana.

Aveva una sua villa agreste, Orazio, appena sopra Tivoli, a Licenza. Lì passava i suoi giorni di "otium" lontano dal frastuono e dall'inquinamento di Roma. Lì beveva l'acqua freschissima della fonte Bandusia, lì faceva passeggiate per i boschi di faggi e di lecci ed una volta incontrò anche il lupo.

Amava questa terra e lo manifestò nei suoi versi. Chissà se gli piacerebbe ancora.

comunque...dalla cima del Monte Lucretile il mio paese si vede così e a me...piace:)
