martedì 28 novembre 2006

Il sapore della mia terra



Montecelio, RM 384 mslm. Alle spalle, monte Gennaro, il Lucretilis Mons cantato da Orazio




Sono nato nella Sabina romana, dove le ultime propaggini di questa terra così antica si confondono con la campagna romana, dove finiscono le colline degli ulivi e comincia il Latium. Gli ulivi, appunto: in Italia c'è una grande tradizione per la produzione di olio d'oliva ed anche una grande produzione. Se chiedi a un pugliese qual'è la terra dell'olio ti risponderà " la Puglia" e se lo chiedi a un toscano ti risponderà " la Toscana" e se lo chiedi a un ligure ti risponderà " la Liguria" e così via...ed hanno ragione, tutti. L'olio italiano è buono davvero, ovunque lo si produca.



Ma io dico che nessuno olio può stare al pari di quello della Sabina, per il sapore, per la leggerezza, per la fragranza del suo profumo, per la tradizione millenaria che la coltura dell'olivo ha qui e che non muore, nonostante la civiltà contadina stia sparendo, specialmente qui, nella Sabina romana, alle porte di Roma.



Anch'io ho il mio oliveto, che appartiene alla mia famigla da circa 200 anni. Il mio bisnonno Aratore possedeva molti ettari in quella zona. Poi le divisioni tra i suoi figli e ancora tra i figli dei figli ed alcune vendite hanno frazionato la tenuta, sicchè il mio podere è di 9000 metri, confinante con quelli dei miei cugini.



Ho 109 piante di olivo. E altrettante da frutta. Sono tante, per uno come me che definire dilettante come contadino è pura generosità;) Altro che dilettante, sono quasi negato. Però mi sorregge tanta buona volontà ed il desiderio di non lasciare andare alla malora queste piante, alcune delle quali 70 anni fa stavano dove adesso è la piazza del comune di Guidonia e che mio nonno trapiantò qui quando quel terreno venne espropriato per costruire la Città dell'Aria.



Non sono piante secolari, a parte le radici, perché hanno sofferto le gelate del 1956 e del 1985 e l'oliveto è stato ricostituito dai polloni rinati sui ceppi antichi.


L'anno scorso non è stata stagione buona: non l'ho raccolta per niente mentre nel 2004 feci 350 litri d'olio, la metà dei quali diedi a quello che materialmente la raccolse. Quando lo coltivavano mio padre e mio zio non facevano mai meno di 700 litri, loro sì che avevano il pollice verde;)


Quest'anno il raccolto doveva essere buono ma qualcosa è andato storto e la fioritura abbondantissima non ha legato bene. Però, senza concimi e senza alcun veleno ho fatto 100 litri, da 618 chili di olive raccolte dai muratori che mi stanno sistemando i casaletti. Un olio davvero speciale, visto che le olive erano sincere e assolutamente prive di larve.


Così la metà andrà per le esigenze familiari, l'altra metà in regalo agli amici e parenti.


Ho deciso però che da gennaio l'oliveto verrà ristrutturato. Le piante sono diventate troppo alte e folte, alcune arrivano a 6 metri. E chi ci va lassù a cogliere le olive? Quindi le poterò preparandole per una raccolta meccanica: non più alte di 4 metri e vuote dentro, lasciando per ciascuna solo 3 rami laterali. Probabilmente quindi nel 2007 la raccolta sarà quasi inesistente. Ma nel 2008....eppoi, di sicuro farò un sacco di legna!!


Vabbeh,  si vedrà, intanto godiamoci questo:)



martedì 21 novembre 2006

Trent'anni prima...


omaggio all'83° Corso A.U.C.


Specializzati della Motorizzazione


Cecchignola, Roma




 navigando distrattamente nel web, mi sono imbattuto in un sito dell'Esercito, che ospita, ta l'altro, richieste di persone che vogliono ritrovare vecchi commilitoni. Ho pensato allora che io e la gran parte dei miei compagni di corso siamo stati fortunati a non esserci persi di vista in questi 30 anni, a parte quelli  ( e sono già tanti, ahimé)  che non ci sono più.


Già cinque anni fa, per il 25° anniversario del Corso ci ritrovammo tutti insieme a Valeggio sul Mincio e fu una bella emozione. Questa primavera abbiamo fatto un Raduno a Gubbio, per i 30 anni. Per il 100° anniversario faremo le cose in grande, ci incontreremo in...Paradiso ( se ci vorranno, cosa della quale fortemente dubito;) ).


Il 1976 non era certamente un anno favorevole a chi indossava una divisa e peggio ancora se portava le stellette da ufficiale. Quelli erano gli Anni di piombo, in cui l'Italia sembrava inevitabilmente avviata ad una guerra civile. Ed il clima era pesante, la gente aveva paura ad uscire di casa, la sera ed ogni giorno c'erano morti ammazzati, dalle BR, da altre organizzazioni di estrema destra e di estrema sinistra. Senza contare quello che  facevano gli apparati deviati dello Stato, la CIA il KGB, i terroristi islamici, la P2...insomma, una bella confusione. E anche noi si usciva poco la sera, sia per la stanchezza ( caspita se era pesante il corso, (i primi 2 mesi smaltii 14 chili e almeno sei o sette dei miei compagni si ritirarono) sia per la tristezza di vedere Roma quasi deserta, con la gente che aveva perso il gusto di uscire e lo faceva solo per necessità, sia perché molti non vedevano assolutamente di buon occhio le divise, qualsiasi divisa.


Ma eravamo ragazzi, tra i 19 ed i 28 anni, di energie ne avevamo ed anche la voglia di portare a termine quell'impresa che la prima settimana sembrava a tutti impossibile: ultimare il Corso, diventare Signori Ufficiali. Ci riuscimmo quasi tutti, tranne quelli ritirati, altri 5 o 6 che furono giudicati non idonei, un paio che si fecero male ( maledetto muro dell'ardimento, lasciarsi cadere da 4 metri era davvero pericoloso se non lo facevi con metodo) e uno che pur avendo superato il corso aveva un vecchio procedimento penale per uno spinello e non si vide attribuire i gradi ( poi venne assolto ma il servizio di leva lo fece da caporale, che ingiustizia. Però è sempre dei nostri e partecipa ai raduni ). La fatica, la tensione le sofferenze sopportate insieme cementarono amicizie che durano ancora oggi, dopo 30 anni ed è davvero un piacere ogni volta che possiamo rivederci.


In quel periodo ho conosciuto lì due persone che poi hanno avuto una certa notorietà: Folco Ruffo di Calabria ( l'ho rivisto in televisione a " l'isola dei famosi") e Clemente Mimun, che ha diretto il TG1.


A settembre del 76 ci presentammo ai posti assegnati e quindi ci dividemmo, la gran parte al Nordest, pochi al sud, parecchi, tra cui io, a Roma. In pratica non mi sono mosso dalla Cecchignola, cambiai solo caserma, dalla Rossetti, dove avevo fatto il corso, alla Ponzio, l'ultima Caserma in fondo al Viale dell'Esercito, isolata dalle altre e per questo scherzosamente chiamata "Giarabub".


Cosa facevo lì? Eh, un po' di tutto, visto che nella Compagnia Comando eravamo solo io ed il capitano. Quello non c'era mai ( poraccio, aveva 3 figlie femmine nate nello stesso anno, a gennaio la prima e a dicembre le gemelle) ed io stavo sempre lì ( mi piaceva pure, però). il mio incarico era Comandante della Sezione addestramento e come tale insegnavo tecnica generale automobilistica e regolamenti. Poi mi passavo 4 giorni la settimana sulla pista a fare scuola guida con ogni tipo di camion e cingolato e il martedì, invece mi toccava portare a sparare gli allievi, a Furbara sull'Aurelia, in riva al mare. I primi tempi mi divertivo ma poi...che palle e che rischio, visto che la maggior parte delle reclute veniva lì senza aver mai visto un fucile o una pistola in vita sua, figuriamoci un mitra o una bomba a mano o una mitragliatrice. A volte c'era davvero da avere paura e gli incidenti...capitavano tutti i giorni. E quando l'esercitazione prevedeva che dovessero correre sparando raffiche di FAL...beh, si pregava, si pregava;)


C'era comunque anche un lato positivo: dalla Compagnia Comando dipendevano i cuochi, i furieri, i magazzinieri, i baristi, tutta gente che per avere una licenza faceva a gara per accattivarsi le mie simpatie e quindi se mi serviva un paio di anfibi per me o per un amico non c'erano problemi e non ho mai pagato un caffè o un panino hehe.


Ogni tanto ci torno, alla Cecchignola, mi invitano alla festa dell'Arma Trasporti ( adesso si chiama così ) l'unico mio collega che è rimasto nell'Esercito è diventato colonnello mentre il capitano che comandava il Corso è generale, ha fatto una splendida carriera e finito il rapporto di subordinazione siamo diventati ottimi amici.


Personalmente non ho mai pensato alla carriera militare. Già lavoravo da 5 anni e quindi finita la leva me ne sono semplicemente tornato al mio mestiere. E quindi nemmeno feci domanda per restare, anche se lo stipendio da ufficiale allora era più alto del mio da civile. Al colonnello che mi chiese ragione di questa mia non volontà mentii, rispondendo che dove lavoravo prima guadagnavo di più. La verità era che io pensavo che un soldato dovesse fare la guerra. E siccome per fortuna guerre non ve ne erano...meglio tornarsene a combattere con le scartoffie del Comune hehe. Col senno di poi...è andata assai meglio così;)


Ad ogni modo, se devo dare un giudizio su quel periodo è largamente positivo: mi sono divertito, ho imparato un sacco di cose ( voi lo sapete guidare un Leopard o un M 60?sapete sparare con un Garand, un MAB, un FAL, una Emme Gi? hehe, serve, neh:) ) ho conosciuto splendide persone, alcune delle quali frequento ancora. Eppoi...erano i miei vent'anni, mica pizza e fichi;)



Fervent rotae, fervent animi


questo è il motto dell'Arma Trasporti e Materiali



Autiere Caio

giovedì 16 novembre 2006

Teatro Sistina



Erano alcuni anni che non ci mettevo piede e forse chissà quanti altri ancora ne sarebbero passati. Ormai con questa cosa della ZTL andare in Centro in macchina vuol dire quasi sicuramente beccarsi una multa. Oppure è per pigrizia, chissà. Sta di fatto, invece, che mi ci ha trascinato mia nipote, il cui ragazzo lavora in questo spettacolo, assieme ai suoi fratelli. E, devo dire, sono pure bravi;)


Le prime degli spettacoli sono sempre particolari, ci sono un sacco di addetti ai lavori, di giornalisti, di ospiti di riguardo e già di per sé il parterre è uno spettacolo. Fuori era pieno di auto blu e di scorte, ho visto in sala Mastella con la moglie ( bella donna) Larussa, (è piccolino, me lo immaginavo più alto) Veneziani, Magalli, alcuni del Grande Fratello eppoi altri ancora, per la gioia dei paparazzi e delle Jene ( Mastella, all'uscita).


Montesano l'avevo visto in altre occasioni e non mi ha deluso, è sempre un mattatore e l'ha dimostrato, tenendo saldamente la scena per tutto il tempo. Mi è anche piaciuto che abbia dato comunque spazio ai ragazzi ed alle ragazze del suo cast, che hanno avuto modo di ballare, cantare, interloquire con lui.


Carina la trovata del gobbo, il suggeritore vestito veramente da gobbo, con la giacca rossa e che era parte dello spettacolo, anche lui, con alcune gags. Ci sono stati momenti veramente esilaranti e la gente si è divertita assai, anche se personalmente io alcuni temi li ho trovati un po' qualunquisti, come la canzone finale ( scelta però tra 3 dal pubblico, per alzata di mano) che invita a non votare.


Del resto però lui stesso l'ha detto: sarà uno spettacolo "politicamente scorretto" e l'ha mantenuto hehe.



Ad ogni modo il giudizio è positivo: mi sono divertito assai, è stata una bella serata, in più sono contento per Gino ed i suoi fratelli che  hanno avuto questa ottima opportunità per il loro futuro di artisti.


Mentre salivo in macchina, nel Parking Ludovisi mi sono ricordato di una cosa di tanti anni fa: ci facevano un mercatino, lì sotto, una manifestazione che si chiamava " la soffitta in garage" ed io ci andavo sempre...me ne ero completamente dimenticato.

sabato 11 novembre 2006


Le Mani
Le mani delle donne che incontrammo
una volta, e nel sogno, e ne la vita:
oh quelle mani, Anima, quelle dita
che stringemmo una volta, che sfiorammo
con le labbra, e nel sogno, e ne la vita!
Fredde talune, fredde come cose
morte, di gelo (tutto era perduto):
o tiepide, parean come un velluto
che vivesse, parean come le rose:
rose di qual giardino sconosciuto?
Ci lasciaron talune una fragranza
così tenace che per una intera
notte avemmo nel cuore la primavera;
e tanto auliva la soligna stanza
che foresta d’april non più dolce era.
Da altre, cui forse ardeva il fuoco estremo
d’uno spirto (ove sei, piccola mano,
intangibile ormai, che troppo piano
strinsi?), venne il rammarico supremo:
- Tu che m’avesti amato, e non in vano!-
Da altre venne il desìo, quel violento
Fulmineo desio che ci percote
come una sferza; e immaginammo ignote
lussurie in un’alcova, un morir lento:
- per quella bocca aver le vene vuote!-
Altre (o le stesse) furono omicide:
meravigliose nel tramar l’inganno.
Tutti gli odor d’Arabia non potranno
Addolcirle.- Bellissime e infide,
quanti per voi baciare periranno!-
Altre (o le stesse), mani alabastrine
ma più possenti di qualunque spira,
ci diedero un furor geloso, un’ira
folle; e pensammo di mozzarle al fine.
(Nel sogno sta la mutilata, e attira.
Nel sogno immobilmente eretta vive
l’atroce donna dalle mani mozze.
E innanzi a lei rosseggiano due pozze
di sangue, e le mani entro ancora vive
sonvi, neppure d’una stilla sozze).
Ma ben, pari a le mani di Maria,
altre furono come le ostie sante.
Brillò su l’anulare il diamante
ne’ gesti gravi della liturgia?
E non mai tra i capelli d’un amante.
Altre, quasi virili, che stringemmo
forte e a lungo, da noi ogni paura
fugarono, ogni passione oscura;
e anelammo a la Gloria, e in noi vedemmo
illuminarsi l’opera futura.
Altre ancora ci diedero un profondo
brivido, quello che non ha l’uguale.
Noi sentimmo, così, che ne la frale
palma chiuder potevano esse un mondo
immenso, e tutto il Bene e tutto il Male:
Anima, e tutto il Bene e tutto il Male. 


G. D'Annunzio





mercoledì 8 novembre 2006

Omaggio ad un grande archeologo


Ed a Cecilia, Giulia, Livia, Maria, Serafina Lanciani



Amedeo Rodolfo Lanciani (Roma, 2 gennaio 1845 - 21 maggio 1929), fu un archeologo, ingegnere e topografo italiano. Il rinvenimento, in epoca recente, del suo documento di battesimo, ha eliminato ogni dubbio sul luogo e sulla data di nascita e ha fatto conoscere la sequenza completa dei nomi attribuiti al neonato: Amedeo, Rodolfo, Giuseppe, Filippo.


Appartenente ad un'antica e nobile famiglia, originaria di Monticelli (dal 1882 Montecelio e dal 1937 Guidonia Montecelio) poi trasferitasi a Roma, Rodolfo era figlio di Pietro Lanciani, ingegnere ed architetto pontificio.


Dopo essersi laureato in lettere e poi in ingegneria presso l'Università di Roma, si occupò principalmente dell'antica Roma e fu segretario della Commissione archeologica comunale, dalla sua fondazione nel 1872, e ingegnere della Direzione generale dei musei e scavi presso il Ministero della pubblica istruzione tra il 1887 e il 1890. Protagonista e testimone diretto di un periodo straordinario dell'esplorazione archeologica di Roma, durante il quale la febbre edilizia fu pari soltanto a quella del secondo dopoguerra, in questa attività poté seguire tutti i numerosi ritrovamenti avvenuti nel corso dei lavori per Roma capitale, che descrisse con grande vivacità.


Nel decennio 1868-1878 esercitò la professione di ingegnere comunale di Montecelio, subentrando al padre finché non ebbe un incarico più prestigioso: infatti tra il 1878 e il 1927 per lui fu creata la cattedra di "Topografia romana" all'Università di Roma e per i suoi meriti successivamente fu nominato senatore del Regno d'Italia il 3 giugno 1911.


Rodolfo Lanciani morì a Roma il 21 maggio 1929, il 22 maggio furono celebrati i solenni funerali ed il 23 maggio fu commemorato al Senato, alla presenza di Benito Mussolini.


I risultati dei suoi studi sulla dislocazione dei monumenti antichi della città furono pubblicati tra il 1893 e il 1901 con il titolo di Forma Urbis Romae: si tratta della pianta di tutti i resti conosciuti dell'epoca romana e fino al VI secolo, composta da 46 tavole in scala 1:1000. Benché nel tempo alcune interpretazioni del Lanciani siano state messe in discussione, l'opera, ora disponibile anche in rete, presenta un notevole interesse anche per i non specialisti, in quanto integra anche le sovrapposizioni moderne (strade, piazze, ville ecc.) agli edifici antichi.


Le sue ricerche di archivio e bibliografiche furono pubblicate tra il 1902 e il 1912 nei quattro volumi della "Storia degli scavi di Roma e le notizie intorno alle collezioni romane di antichità", mentre altri volumi riguardanti i ritrovamenti dall'anno 1000 al 1879 sono stati recentemente pubblicati in sei volumi più un settimo di indici tra il 1989 e il 2002.


Manoscritti sono presenti nella Biblioteca Vaticana (pubblicati da Mario Buonocore) e il Fondo Lanciani dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte di Roma conserva cartelle di appunti, stampe, disegni e altri manoscritti.


Manoscritti, disegni e progetti si trovano anche nell'Archivio Storico del Comune di Guidonia Montecelio.


(Fonte Wikipedia)


Forma Urbis Romae



lunedì 6 novembre 2006

"Alme Sol, curru nitido diem qui
promis et celas aliusque et idem
nasceris, possis nihil urbe Roma
visere maius." - Orazio-



 tramonti di oggi



tramonto mio vicino Roma



tramonto di Gabriella vicino Brescia



tramonto di Cyber a Milano



tramonto di Stefano ad Aprilia



tramonto di ken a Verona


Oggi il sole ha ispirato tanti. E' il periodo dei bei crepuscoli, questo. E' vero che ormai " il luminare maggiore" tramonta presto. Ma lo fa con arte consumata, da grande attore che abbandona la scena.


Arrivederci, Sole:)


domenica 5 novembre 2006

Vibia Sabina Augusta




Il matrimonio con Vibia Sabina fu uno degli elementi essenziali che concorsero alla scelta di Adriano come successore di Traiano. Sabina infatti era figlia di Matidia che a sua volta era figlia di Marciana, sorella di Traiano.


I ritratti sulle monete ma anche quelli dei marmi ci hanno tramandato un viso altero, bello, pensoso. Forse anche troppo pensoso. Si sa che Adriano la onorò per tutta la vita, la portò con sé nei suoi viaggi. Insieme scalarono l'Etna ed assistettero all'alba al canto dei colossi di Memnone.


Ma la amò veramente? Chissà. E' difficile immaginarlo, però. Se si pone mente ad Adriano, a quello che ha lasciato al mondo...se si cerca di associarlo alla parola amore...allora non si riesce a pensare che ad un nome: Antinoo. E questo, è tutto dire.


In più non riuscì a dargli dei figli. Così alla morte di Adriano continuò la serie degli imperatori adottivi. Nerva adotta Traiano che adotta Adriano che adotta Antonino Pio che adotta Marco Aurelio. Tutti ottimo imperatori, nel periodo più bello, ricco e felice per Roma.


Marco, purtroppo, aveva dei figli e il maschio era Commodo. E così il più saggio degli imperatori, il mio preferito, Marco il filosofo... interruppe la serie delle adozioni e lasciò l'impero ad uno dei più pazzi, Commodo, il gladiatore. Ironia della sorte e...che sfortuna, per Roma.


Le monete di Vibia Sabina sono abbastanza rare, io ne ho qualcuna. Giorni fa però ne ho vista una bellissima e confesso che la vorrei proprio.