domenica 27 novembre 2005

ultima parte



Il ritorno della attività aerea ebbe un influsso enorme anche sulla vita della Città. Moltissimi ufficiali e sottufficiali, piloti, motoristi, operai si trasferirono a Guidonia con le loro famiglie, ripopolando la Città razionalista e determinando anche una grande richiesta di nuovi alloggi. Questo ed anche altri fattori come la ripresa economica, la vicinanza con Roma, la disponibilità di ampie aree a buon mercato, il progressivo spopolamento dei centri dell’entroterra reatino e abruzzese a favore dell’hinterland romano determinarono quel tumultuoso e disordinato fenomeno di edilizia residenziale, inizialmente del tutto spontanea e per lo più abusiva che ha caratterizzato i primi tre decenni del dopoguerra nel nostro Comune, facendolo diventare il terzo della regione per numero di abitanti.


Con alterne vicende le attività della Base andarono comunque crescendo ne ricordiamo alcune, presenti per periodi più o meno lunghi:


il 2° RTA Reparto Tecnico Aeromobili per la manutenzione dei velivoli.


La 9^ SRAM  per la manutenzione delle eliche presso l’edificio della “Officina Peghetti” in seguito ceduto al Comune.


L’ispettorato delle Scuole A.M. per coordinare e dirigere l’attività delle Scuole Aeronautiche


La Scuola di Aerocooperazione che si occupava anche di osservazione aerea e di fotointerpretazione.


La Sezione antisommergibili del 86° Gruppo di Grottaglie.


La squadriglia Fotografica Americana.


L’Istituto Stati Maggiori Interforze


La scuola Militare di Volo a Vela che è tuttora un vanto dellìAeronautica Militare Italiana


Il Centro Addestramento al Volo della 3^ ZAT composto di due Gruppi: il 302° e il 303°.


L’attività del Centro addestramento era intensissima e multiforme: il 303° aveva compiti di collegamento e trasporto ed impiegava aerei del tipo S.M. 82, G.12 e g.45. Svolgeva poi attività paracadutistica per militari e civili, ricerca marittima, soccorsi a località montane isolate dalal neve, osservazione aerea e ricerche fotografiche. Il 302° aveva aerei più leggeri quali i G. 59. i Macchi 416 gli L5 usati principalmente per la scuola di volo.


Tra i tantissimi aerei presenti nella base si distingueva il famoso SM 2 Marsupiale, un trimotore enorme ma allo stesso tempo maneggevole, chiamato così perché è stato il primo aereo della storia mondiale capace di trasportare al suo interno un altro aereo.  Esso venne impiegato nei compiti più svariati, compreso quello delle missioni umanitarie sotto l’egida dell’ONU.


Tuttavia gli aerei presenti a Guidonia in quel periodo avevano un problema enorme: quello di essere ormai fuori produzione. Per questo motivo il loro numero si assottigliava sempre di più. Non avendo la possibilità di ottenere pezzi di ricambio piloti e tecnici non trovavano altro modo che quello di adoperare alcuni dei velivoli come fornitori di ricambi e man mano si fermarono tutti.


Negli anni 60, benché l’attività continuasse a diminuire, vennero assegnati nuovi mezzi: il glorioso ed indistruttibile DC3 Dakota, il maneggevole P.148, il P.188, il T.8.


Chi scrive non può fare a meno di ricordare con nostalgia i numerosi voli con il DC3 ai tempi del Liceo, quando era graditissima consuetudine far volare gli studenti e ed il bellissimo Corso di Cultura Aeronautica, con l’ebbrezza di sei voli ai comandi del P.148, istruttore il bravissimo Magg. Casati.


Per un significativo periodo hanno poi operato a Guidonia i Falchi Blu, espertissimi e spettacolari militari paracadutisti, capaci di eseguire qualsiasi acrobazia con il loro speciale paracadute e di atterrare in qualsiasi punto ed in qualsiasi condizione di tempo.


Al giorno d’oggi l’attività di volo è forse la meno significativa tra quelle che operano nella Base e tuttavia l’aeroporto “Alfredo Barbieri” è uno dei più importanti aeroporti militari italiani.


La sua superficie è ancora di 240 ettari, gli edifici, compresi i bellissimi edifici storici superstiti sono immersi nel verde, gli ingressi monumentali sono rimasti pressoché invariati.


Il personale, militare e civile supera le mille unità.


Il Comando dell’Aeroporto fornisce il necessario supporto logistico, tecnico ed operativo agli importanti Enti dislocati nella Base: Il Comando Generale delle Scuole, la Scuola di Aerocooperazione, il Centro di Volo a Vela, il 2° Gruppo Manutenzione Velivoli, la 16^ Divisione del del 5° Reparto della Direzione Generale del Personale Militare di Bagni di Tivoli ed il Centro di Selezione A.M. Il Comando assicura altresì il servizio di assistenza al volo e la Base è anche abilitata ed attrezzata per il Traffico civile.


Il personale impiegato supera complessivamente le mille unità.


In epoca più recente all’interno dell’Aeroporto è nato un centro residenziale per gli alloggi delle famiglie del personale, denominato “Villaggio Azzurro”.


I rapporti tra l’Aeroporto e la Città sono ottimi, le rispettive Autorità partecipano congiuntamente alle maggiori solennità Civili, Militari e Religiose quali la annuale commemorazione del Generale Alessandro Guidoni, quella dei Caduti di tutte le Guerre, la festività della Patrona di Guidonia e Patrona dell’Aeronautica, la Beata Vergine Santa Maria di Loreto, la Ricorrenza della Costituzione del Comune.


La Base viene periodicamente aperta alla Cittadinanza, è spesso sede di importanti manifestazioni aeree e di paracadutismo (ricordiamo ad esempio i Campionati mondiali Militari del 1995), ospita importanti manifestazioni degli Istituti scolastici come la Rassegna Teatrale ed anche mostre di carattere storico documentario, come quella allestita nel 2002 in occasione del 65° Anniversario della Costituzione del Comune.


A quasi novanta anni dalla sua nascita il glorioso Aeroporto “Alfredo Barbieri” è quindi vivo e pulsante anche se non più caratterizzato, come una volta, dal potente rombo di tanti motori.


Abbiamo anche visto come sia già in atto un suo impiego civile, seppur limitato. Nei fatti quindi Guidonia è già il terzo aeroporto civile di Roma.


Resta aperto un problema: quello dei ruderi storici del Centro Studi ed Esperienze.


Abbiamo visto come nel corso degli anni ci fossero state varie voci autorevoli ma isolate che richiedevano il restauro ed il riutilizzo degli edifici, sia nell’Aeronautica che fuori di essa.


Nella Amministrazione comunale di Guidonia Montecelio si incominciò pensare seriamente alla storia del Centro Studi, al suo enorme valore culturale e scientifico, alle potenzialità urbanistiche ed anche economiche tra il 1985 ed il 1988, quando con le Celebrazioni del Cinquantenario della Fondazione della Città, il Cinquantenario della Costituzione del Comune ed il Gemellaggio con Cape Canaveral si evidenziò come il nostro Comune, per non incorrere nel triste destino di periferia della periferia romana, doveva valorizzare al massimo il proprio retaggio: quello scientifico ed aeronautico di Guidonia e quello archeologico, monumentale, paesaggistico e storico di Montecelio.


Da allora sono stati fatti passi importanti in tale direzione, specialmente a  Montecelio sono stati creati l’Antiquarium, il Teatro Comunale, la Biblioteca, è stato restaurato il complesso del San Michele inoltre è stato istituito il Parco Regionale Archeologico dell’Inviolata tendente a salvaguardare e valorizzare un angolo importante della Campagna romana, ricco di reperti archeologici e di valori naturalistici, compreso nel nostro Comune.


Nel 1999, per iniziativa di un gruppo di architetti e studiosi e con il Patrocinio del Comune venne dato vita ad un Comitato per la creazione del Parco dell’Aria nel sito dei Ruderi Storici dell’Aeroporto.


Nel successivo anno 2000 il sindaco Ezio  Cerqua con apposita delibera di Giunta diede vita ad un “Gruppo di Lavoro misto” formato da rappresentanti del Comune, della Aeronautica Militare, da tecnici e studiosi appartenenti al Comitato promotore  finalizzato ad elaborare una proposta per la costituzione del Parco dell’Aria.


Le conclusioni a cui approdò il Gruppo di Lavoro prevedono l’organizzazione del Parco dell’Aria in tre Aree:


La prima, quella dei Ruderi Storici ne sarebbe il fulcro e l’anima.


E’ previsto il restauro conservativo dei monumenti e la loro fruibilità turistica e di studio, l’allestimento di un Centro di Documentazione Bibliografico ed Audiovisivo e di un Centro Museale.


All’interno di essa inoltre si dovrà favorire l’insediamento di una Facoltà Universitaria di ingegneria aeronautica.


La seconda area prevede una fascia protetta, comprendente  tutta la zona pre-collinare di Casacalda e tutta la Città storica, pregevole capolavoro dell’architettura razionalista, realizzata dai tre eccellenti progettisti Calza Bini Cancellotti e Nicolosi.


In tale contesto dovranno essere eliminate per quanto possibile le brutte superfetazioni (fortunatamente poche) nate nei decenni successivi alla guerra, studiati e restaurati gli edifici pubblici e civili, con particolare riferimento al Cinema Teatro Imperiale, attualmente inagibile, il cui restauro dovrà essere di tipo filologico, ripristinandone la funzionalità e restituendo all’uso originale quegli ambienti attualmente impiegati a servizio degli Uffici comunali.


La terza area è quella operativa dell’attuale Aeroporto. In essa, nel completo rispetto dei vincoli e delle prerogative militari della Base e compatibilmente con essi, si possono realizzare interessanti attività di carattere civile come l’Aeroclub, voli turistici sulle risorse storiche, archeologiche, paesaggistiche e naturalistiche dell’Area Tiburtina che non sono poche se si considera che nel raggio di 10 minuti di volo vi sono il Parco Naturalistico dei Monti Lucretili, il Parco dei Monti Simbruini, il Parco Archeologico naturalistico dell’Inviolata, i Centri Storici dei Monti Cornicolani con la Riserva di Poggio Cesi, la Villa di Adriano e la bellissima Tivoli con le sue Cascate e le Ville rinascimentali, i Castelli di Montecelio, Sant’Angelo Romano, Palombara, San Polo dei Cavalieri, la verde valle dell’Aniene, le Terme delle Acque Albume ed infine le interessantissime Cave di travertino con cui si è costruita Roma dall’antichità ai giorni nostri. Altre attività collaterali possono essere quella dell’Aeromodellismo di cui è rimasta sempre una viva tradizione a Guidonia, quella di una scuola di volo per disabili, già sperimentata con successo in alcuni aeroporti italiani e quella di Rassegne cinematografiche aventi come tema il mondo dell’aviazione e dell’astronautica.


Nei mesi in cui il Gruppo di Lavoro ha elaborato la sua proposta di Parco dell’Aria è emersa chiaramente una grande apertura mentale da parte delle Autorità militari, il loro vivo interesse per il progetto e la chiara disponibilità ad operare insieme e a concedere in comodato gratuito  al Comune l’area dei Ruderi Storici, condizione indispensabile per passare alla progettazione esecutiva e poter investire le necessarie risorse, reperibili anche attraverso finanziamenti Comunitari. Anzi occorre dire che nel mentre le vicende politiche locali a volte rendono discontinua e comunque frenano alquanto la produzione di concreti atti amministrativi finalizzati alla realizzazione del progetto, da parte delle Autorità militari vi è sempre stata una adesione pronta e determinata. I tempi comunque sembrano maturi per una prossima rinascita della direzione Superiore Studi ed Esperienze di Guidonia, sotto forma di Parco dell’Aria e di polo scientifico universitario nel campo aeronautico e spaziale.


Infatti l’attuale Amministrazione comunale, guidata dal Sindaco Stefano Sassano, ha compiuto  un passo in avanti notevole allorché il Vice Sindaco Vittorio Messa nel 2002 ha firmato il Protocollo d’Intesa con l’Aeronautica Militare e con l’Università “la Sapienza di Roma.


In tale Protocollo le parti si impegnano ad operare, ciascuna per le proprie competenze e responsabilità, affinché il Complesso dell’ex DSSE di Guidonia possa tornare a nuova vita e gloria ospitando un Polo scientifico di valenza internazionale, con la Facoltà di Ingegneria Aerospaziale, laboratori di ricerca avanzata ed un centro residenziale per studenti e ricercatori provenienti da tutto il mondo.



è finito, grazie per avermi visitato. Ognuno si esprime come può, io mi sono sentito di offrirvi questo, scritto per passare il tempo durante una convalescenza triste e piena di dubbi e di paure.


ciao , A.

venerdì 25 novembre 2005

Gli edifici rimasti in buone condizioni ma ormai vuoti furono riutilizzati per altre necessità della Base. Quelli danneggiati non furono più ricostruiti anzi si tentò a più riprese di demolirli completamente e poiché la loro poderosa struttura resistette a tale oltraggiosa opera vennero infine abbandonati al proprio destino, coperti di vegetazione, abitati soltanto da serpi, gufi e civette.


Col senno di poi si potrebbe dire che questo fu un delitto, poiché volendo si sarebbe forse potuto riattivare gli impianti danneggiati e persino ricostruire quelli distrutti. Alcuni dei “Guidoniani” si batterono a più riprese affinché si tentasse la ricostruzione. Tra questi il più tenace fu lo stesso Luigi Broglio e in epoca più recente vi fu una proposta di riutilizzo anche da parte di un altro  autorevole generale dell’AM, Giuseppe Pesce. Ad oggi tuttavia la situazione rimane immutata, se si eccettua il fatto che almeno i ruderi sono stati ripuliti in gran parte e non vengono più usati come discarica di inerti.


A pensarci bene però la situazione del dopoguerra italiano non era tale da poter sostenere una ripresa in grande stile dell’attività del Centro Studi ed Esperienze. Non lo era per la povertà delle risorse a disposizione, non lo era perché ormai si era disperso in Italia e per il mondo quello che era stato il patrimonio più prezioso di Guidonia: i suoi uomini e non lo era anche per la situazione politica in cui versava l’Italia.


C’era voglia di dimenticare qualsiasi cosa fosse in qualche modo legata al passato Regime o che ricordasse la Guerra ed il Centro Studi ed Esperienze di Guidonia ricordava entrambe le cose.


Del resto la stessa “Città dell’Aria” nell’immediato dopoguerra tentò di cancellare parte delle sue proprie memorie: le iscrizioni della Fondazione, i Fasci Littori, vennero rimossi od abrasi e di tale situazione fecero le spese persino il piccolo Monumento all’unico Eroe Civile di Guidonia, Aldo Riccardo Chiorboli e il busto marmoreo di Alessandro Guidoni, che, danneggiato e negletto giacque per anni in un seminterrato della scuola elementare e solo recentemente, per iniziativa del Settore Cultura del Comune è stato restaurato e collocato nella Sala della Giunta Municipale.


Ma lasciamo, per adesso i grandi ruderi del Centro Studi ed Esperienze immersi nel loro grande passato. Forse per essi si sta preparando anche un nuovo futuro, una nuova vita.


Torniamo all’Aeroporto Alfredo Barbieri.


Già nel 1945 la vita della Base riprendeva con intensità. Il 1° gennaio 1945 tornò a Guidonia il Raggruppamento Bombardamenti e Trasporti, con il compito di trasportare sul territorio nazionale merci, posta e passeggeri, in un periodo in cui ancora non erano rinate le linee aeree civili. A tale scopo venivano impiegati Aeroplani S.M. 84, Cant Z1007 e G. 12. Il Comandante era il Col. Pil. Leonello Leone.


Nello stesso anno giunse a Guidonia lo Stormo Baltimore comandato dal Col. Pilota Cesare De Porto. Esso aveva combattuto distinguendosi assai nella zona dei Balcani.


Attingiamo queste notizie e gran parte di quelle che seguono dalla preziosa ministoria dell’Aeroporto di Guidonia pubblicata a più riprese sugli annali della Associazione Sportiva Guidonia ad opera del compianto amico Col. Dalmazio Gerichievic.


Si pose quindi da subito il problema di riattivare edifici ed impianti, anche con mezzi di fortuna.


Specialmente gli impianti idrico ed elettrico che erano dislocati in chilometri e chilometri di cunicoli  nel sottosuolo presentarono enormi difficoltà e fu necessario andare a ricercare e riassumere gli operai che erano stati licenziati a causa del disastro bellico.


Gli edifici ormai vuoti vennero riutilizzati quali sede dei Comandi.


Nel 1948 fu ricostituito il Reparto Sperimentale di Volo, nella zona davanti alla Stazione ferroviaria, dove, per pochi anni aveva avuto sede lo scalo intercontinentale della LATI.


Esso funzionò fino al 1955 portando avanti varie esperienze, tra cui quella sul pilota automatico.


Nel 1955 il tutto venne trasferito a Pratica di Mare, dove è nata la DASRS, continuazione non solo ideale ma concreta di Guidonia. Non a caso nello stemma della DASRS è presente il volo di Icaro richiamato sulla grande scritta che campeggia tuttora all’ingresso dell’aeroporto Alfredo Barbieri. Non a caso nel 1988 l’Aeronautica Militare, a coronamento del grande Gemellaggio di Guidonia con Cape Canaveral inserì nel programma delle Manifestazioni sia la visita ai ruderi storici di Guidonia sia quella ai nuovi impianti di Pratica di Mare.


Nel 1948 fu traferito a Guidonia il l 36° Stormo comandato dal Col. Pilota Amedeo Micciani. La dotazione aerea di tale stormo era composta inizialmente dai bombardieri S.M. 81 e dagli aerosiluranti S.M. 79. In seguito vennero assegnati i trimotori da trasporto S.M.82 e G. 12.

mercoledì 23 novembre 2005

................segue......


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Per la sua vicinanza con Roma, per la assoluta modernità degli impianti sperimentali, per la indiscutibile passione che gli uomini del Fascismo ebbero per il volo, Guidonia fu senza dubbio , tra le numerose Città di Fondazione, il fiore all’occhiello del Regime Fascista, esibita con orgoglio al resto del mondo. Durante tutto il periodo in cui il Centro funzionò furono infinite le visite di personaggi illustri, scienziati, politici, teste coronate, delegazioni militari straniere.


Il Capo del Governo era praticamente di casa, assieme al figlio Bruno. Venne il re Vittorio Emanuele III con la sua corte, venne il principe di Edimburgo, vennero il potentissimo generale Goering, l’ammiraglio Yamamoto, il poeta ed eroe nazionale D’Annunzio….e l’elenco sarebbe lunghissimo. Tutti restavano estremamente affascinati dall’imponenza degli impianti, dalla modernità degli esperimenti, dal potente rombo dei motori continuamente proveniente sia dal cielo che dalla Sala Prove.


A tale proposito occorre dire che gli scienziati ed i militari che operavano nel Centro Studi a volte erano persino infastiditi da tali visite che in qualche modo scombussolavano la loro attività, anche se per forza di cose erano rassegnati a subirle.


Ed erano anche preoccupati e gelosi per la riservatezza dei loro studi, sicché non disdegnavano di  mettere in opera qualche trucchetto sia per non rivelare troppo del proprio lavoro sia per travisare, all’occorrenza, i risultati raggiunti.Ad esempio nelle gallerie del vento veniva sempre mostrato lo stesso modellino di aeroplano e una volta, in occasione di una visita improvvisa del Duce, poiché il quadro di una centrale elettrica non funzionava ancora a dovere, si misero degli allievi muniti di pile elettriche nascosti dietro di esso, per supplire ai collegamenti mancanti.


Riguardo alla Centrale elettrica che alimentava l’intero Aeroporto ed il Centro Studi occorre dire però che era una delle migliori e tra le più potenti del mondo: ad essa arrivavano ben 60.000 volt, forniti dagli impianti elettrici di Tivoli. L’energia veniva poi distribuita nei vari edifici per mezzo di cavi sotterranei. Ovviamente la potenza maggiore veniva assorbita dagli enormi motori delle Gallerie del Vento.


Moltissime altre cose ci sarebbero da dire sul Centro Studi ed Esperienze di Guidonia ma per esse rimandiamo il lettore agli studi specializzati, che sono disponibili sia presso l’Ufficio Storico della Aeronautica Militare, contattabile anche sul Portale dell’Aeronautica Militare Italiana, sia presso Editori specializzati in questioni aeronautiche. Molto materiale ormai si trova nei siti internet dedicati all’aeronautica, che sono in numero impressionante, specialmente quelli americani. In uno di essi abbiamo potuto trovare persino le relazioni sui bombardamenti effettuati su Guidonia dagli Alleati: la data, il numero ed il tipo degli aerei, i nomi dei componenti degli equipaggi, il tipo e la quantità delle bombe sganciate, l’esito positivo o negativo del bombardamento.


D’altro canto il contributo di Guidonia alla reale conduzione della guerra non fu soltanti scientifico: vi furono reparti operativi sui vari fronti e per la difesa aerea di Roma. Ricordiamo qui il Nucleo L.A.T.L., la Sezione Caccia Notturna, la 247^ Squadriglia Autonoma B.R.G., la 310^ Squadriglia Autonoma Aerofotografia e lo Stormo Notturno, fino all’Armistizio.


Nessuno dei tragici eventi che seguirono l’otto settembre del 1943 venne risparmiato a Guidonia: lo smarrimento che prese i suoi uomini, pur coraggiosi e capaci, in assenza di chiare direttive dei Superiori Comandi, i bombardamenti, il saccheggio degli impianti e la spoliazione da parte dei Tedeschi, le successive razzie da parte di chiunque fosse alla ricerca di qualsiasi cosa che in qualche modo si potesse vendere o riutilizzare.


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è quasi finito eh;)


Così il Centro Studi ed Esperienze non si riprese mai più

martedì 22 novembre 2005

Ottava puntata:questa la posto per conciliare il sonno di Fenicevoices;). Buon pro ti faccia hehehe


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La Galleria verticale era sicuramente l’elemento più spettacolare: tutti volevano visitarla e al termine della visita ne rimanevano decisamente impressionati. Essa si prestava ad una infinità di esperimenti ma soprattutto serviva a sperimentare i sistemi migliori per evitare l’avvitamento, pericolo mortale per ogni aeroplano e per ogni pilota ed eventualmente sviluppare le tecniche per uscire dai diversi tipi di vite.


Oltre all’impressionante rudere ancora in situ sono per fortuna rimasti foto e filmati dell’epoca che mostrano l’impianto e gli esperimenti che esso rendeva possibili.


Vi era poi la Galleria Stratosferica Ultrasonora.


Per rendersi conto dell’importanza di tale impianto, unico al mondo negli anni Trenta è sufficiente accedere al sito della NASA (già NACA) e vedere pubblicati i memorandum degli studi compiuti in essa dal suo Direttore, il Ten. Ing. Antonio Ferri, poi Maggiore, passato direttamente da Guidonia alla Naca già nel 1943 e divenuto Preside del Politecnico di Brooklyn.


Grazie alla esperienza ed agli studi compiuti a Guidonia Ferri rivoluzionò le conoscenze degli americani in materia, che erano afflitte da errori sistematici di cui essi non si rendevano conto e fece fare un balzo enorme alla tecnologia americana. E oltre a Ferri anche Luigi Crocco e per alcuni verso Luigi Broglio (che però non accettò l’invito a trasferirsi in America), altri due Guidoniani di grandissimo valore furono in seguito apprezzati e valorizzati al massimo non solo dagli americani ma anche a livello europeo e mondiale.


Occorre dire, tra l’altro, che per brevità di esposizione e per la poca dimestichezza con la parte scientifica e tecnica della materia trattata noi abbiamo fatto qui pochissimi nomi dei tanti “Guidoniani” che si sono guadagnata una fama scientifica di rilievo o che comunque hanno avuto bellissime carriere, sia nell’Aeronautica Militare, sia nell’Industria aeronautica italiana e mondiale, sia nell’Amministrazione civile dello Stato.


Se, come è auspicabile, sarà realizzato a Guidonia il “Parco dell’Aria”, una delle sue indispensabili funzioni sarà quella di raccogliere in un unico Centro di documentazione le memorie e le esperienze di tutti questi insigni personaggi. E non solo: sarebbe veramente prezioso poter raccogliere anche le memorie di tanti personaggi minori: sottufficiali, militari semplici, impiegati civili, maestranze, molti dei quali provenivano da Montecelio, altri da diverse regioni d’Italia. Un unico filo li legava tra loro, all’insegna della capacità, del senso del dovere, dello spirito di sacrificio. Moltissimi stabilirono qui le loro radici, popolando la nuova Città aeronautica, che in seguito è diventata il Capoluogo dell’attuale grande Comune di Guidonia Montecelio, il 3° Comune del Lazio.



 




 




 




 



Abbiamo trovato su interrnet i memorandum e la copertina della relazione Naca sugli esperimenti di Ferri a Guidonia. E’ interessante notare come dai timbri apposti la Naca sembra esserne stata in possesso sin dal 1939, mentre le due righe in tedesco datate 1938 dimostrerebbero forse una provenienza tedesca del documento.


Quello che è certo è che gli americani tenevano in gran conto l’opera svolta da Ferri ed altri scienziati a Guidonia e non persero tempo ad accaparrarseli, appena se ne presentò loro l’occasione.


La galleria stratosferica ultrasonora o supersonica realizzata a Guidonia da Antonio Ferri e Luigi Crocco per volere del grandissimo scienziato Gen. Carlo Arturo Crocco è il simbolo stesso della lungimiranza dei progettisti del Centro Studi ed Esperienze. La galleria era costruita sul modello di quella di  Ackerett di Zurigo ma era tre volte più potente, col suo motore a corrente continua della potenza di 2859 CV che riusciva a produrre un flusso d’aria con una velocità superiore ai 2.000 km orari.


Al momento della sua costruzione nessun aereo militare infatti, aveva mai superato i 350 km orari. Non solo, pur ammettendo che il progresso nella tecnologia dei materiali, dei propulsori e dei carburanti avrebbe sicuramente permesso di aumentare di molto la velocità degli aerei, la maggior parte degli scienziati e principalmente gli Americani erano convinti che la velocità del suono era la massima raggiungibile senza pericolo per il mezzo ed il pilota. Al raggiungimento di essa si sarebbe creato quello che veniva (e viene ancora) definito il “muro del suono”. Erano convinti, in buona sostanza, che il coefficiente di resistenza dell’aria a velocità sonica sarebbe stato così elevato da distruggere il mezzo stesso.


Ferri, i cui studi si completavano con quelli paralleli e congiunti del grande Luigi Crocco, dimostrò che non era vero, che i calcoli degli americani erano viziati da errori sistematici nascosti e che quindi la velocità supersonica poteva essere superata senza problemi e addirittura duplicata numerose volte.


A dimostrazione delle sue idee scrisse un libro sul volo supersonico “l’Aerodinamica supersonica” che fu il primo libro sul volo supersonico al mondo.


In esso riportò decine e decine degli esperimenti effettuati a Guidonia. Con la sua autorità scientifica convinse gli americani a costruire gallerie supersoniche discontinue per mezzo delle quali gli americani acquisirono una enorme superiorità aeronautica negli anni successivi.


Non solo, negli anni 60 Ferri propugnò presso il governo degli Stati Uniti il suo progetto di aereo supersonico, capace di raggiungere una velocità 12 volte superiore a quella del suono. Decollando ed atterrando orizzontalmente tale aereo avrebbe potuto volare anche fuori l’atmosfera con dei razzi ausiliari, entrando in orbite spaziali basse.


Il progetto in realtà  non venne realizzato compiutamente per problemi di budget ma come non riconoscere nell’attuale “space shuttle” una versione più economica e modesta dell’aereo ipersonico di Ferri?


Accenniamo infine alla massiccia mole della Galleria a doppio ritorno. Questa, come tantissimi altri brevetti di quel tempo, era una creazione originale di Carlo Arturo Crocco, un personaggio sicuramente geniale, tanto che in aeronautica avevano inventato un ritornello che recitava più o meno così: “ tutto ciò che vedo o tocco, l’ha inventato Arturo Crocco”. Essa era idonea a realizzare qualsiasi tipo di prova aerodinamica, da quella degli aerei e parti di essi a quella delle navi, dei siluri, delle bombe e persino dei treni. In 41 mesi di attività furono eseguiti almeno 50  diverse ricerche, oltre a quelle eseguite per conto della Marina che impegnò la Galleria per moltissimo tempo


Accenniamo ora brevemente allo spettacolare edificio della Sezione Idrodinamica.


Esso è ancora oggi perfettamente visibile da chi lascia il centro abitato di Guidonia percorrendo la via Cristoforo Ferrari in direzione della Maremmana.


Complessivamente aveva una lunghezza di circa 500 metri. Il professor Bernardino Lattanzi nell’opera citata che seguiamo in questa nostra succinta descrizione, ci dà le dimensioni della vasca: Lunghezza m. 436,70   larghezza m.6,50 profondità m. 3,75. L’enorme vasca conteneva quindi quasi undici milioni di litri d’acqua! Essa era divisibile in due sezioni per mezzo di un “battello porta” ed era possibile osservare ciò che succedeva sotto il pelo dell’acqua per mezzo di quattro finestre vetrate.


I modelli sottoposti ad esperimento erano trainati da due diversi carri dinamometrici. Anche della vasca idrodinamica, oltre all’imponente rudere, si è conservata una buona documentazione fotografica e cinematografica. In Italia esisteva già una consolidata esperienza in materia di prove idrodinamiche, risalendo la prima vasca al 1906 e la prima pubblicazione al 1912.


Occorre dire che secondo alcuni ad una estrema accuratezza costruttiva che teneva conto persino della curvatura terrestre e ad una straordinaria modernità dell’impianto non corrisposero poi molti risultati scientifici.


In realtà la Sezione Idrodinamica, come le altre del Centro Studi ed Esperienze di Guidonia ebbe una intensa attività: vennero provati modelli di idrovolanti e parti di essi, quali i galleggianti, vennero provati siluri ed altre armi aria-mare o mare-mare, idrobombe e, naturalmente, battelli di ogni tipo. Inoltre la mancanza di documentazione può derivare semplicemente dalla sua dispersione dopo l’8 settembre del 1943 e lo stesso prof. Lattanzi si duole del fatto che non si è potuto rintracciare il numero V-R degli “Atti di Guidonia che era sicuramente relativo agli esperimenti della Sezione Idrodinamica.....segue

Settima puntata....se non mi pagate non smetto hehehe




Le ricadute pratiche delle esperienze di Guidonia, tuttavia non diedero frutti in Italia, se non in minima parte, soprattutto a causa del tracollo bellico. Ma gli uomini che lavorarono a Guidonia, il loro bagaglio di esperienze, lo spirito con cui solevano affrontare il lavoro scientifico furono come dei semi che si sparsero per il mondo, contribuendo allo sviluppo dell’aviazione civile e militare. Quando si parla del contributo italiano alla colonizzazione dello spazio non si può non ricordare uomini come Gaetano Arturo Crocco, come Antonio Ferri, come Luigi Broglio, come Carlo Riparbelli, come lo stesso Luigi Crocco, figlio di Carlo Arturo e degno continuatore dell’opera paterna, personaggio notissimo all’estero, la cui attività scientifica, a Guidonia e dopo Guidonia, andrebbe sicuramente messa in risalto ed approfondita.


Olte agli uomini di spicco, militari e scienziati che operarono nel Centro Studi ed Esperienze è doveroso ricordare anche tutti coloro che svolgevano ruoli minori ma non per questo meno importanti poiché sicuramente erano all’altezza dei loro superiori.


Ricordiamo qui le specialità dei militari nel 1923:


A Costruzioni aeronautiche


B Armamento


C Chimici


E Edili


F Servizio Fotografico


M Servizio Aerologico


RT Servizio elettrico e radiotelegrafico


In seguito vi saranno anche esperti di geofisica e meteorologia.


 


 


 


E dei civili, desunte dal Ruolo del 1927 per gli impiegati Civili (Tecnici)


Geofisico Direttore


Geofisico


Assistente di Aerologia


Capotecnico principale


Geometra principale


Primo Capotecnico


Perito industriale Capotecnico


Primo Geometra


Disegnatore Principale


Primo Disegnatore


Assistente tecnico ed edile


 


 


 


La costruzione del Centro Studi ed Esperienze, che si chiamò da subito Guidonia, mentre il Campo di volo continuò a chiamarsi Montecelio fino al 1939, iniziò subito dopo l’approvazione del Piano Regolatore, che è del 1931.


I nuovi impianti sorsero a monte della Ferrovia, mentre il Campo di volo si era sviluppato a valle. La Ferrovia si trovò quindi a svolgere un nuovo ruolo, di carattere urbanistico: distinguere, pur senza separare del tutto le nuove attività di ricerca da quelle operative della Base.


Essi lambirono quindi le pendici delle alture che degradano verso la piana, Collelargo e Colle della Farina, appena al di sotto della attuale via Cristoforo Ferrari che a sua volta ricalca il percorso, ancora visibile, dell’antica Tiburtino-Cornicolana, costeggiato da ville romane alcune delle quali erano presenti, tra l’altro, anche dentro gli attuali 240 ettari della Base.


Come avverrà in seguito per la Città di Guidonia, gli edifici progettati da Jammarino e Traverso, vennero ben costruiti in un tempo che stupisce per la sua brevità, considerati i mezzi a disposizione in quell’epoca.


Un ingresso monumentale si apriva sul Largo Duca D’Aosta, proprio dirimpetto al cippo sotto il quale venne posata la prima pietra di Guidonia. Questo è anche il punto di raccordo tra l’Aeroporto  e la Città dell’Aria: dal Largo Duca D’Aosta si diparte infatti il Viale Leonardo Da Vinci che con una breve salita porta direttamente alla piazza del Comune.


L’edificio della Divisione radioelettrica era il primo che si incontrava dopo il Corpo di guardia. In esso venivano sperimentati ed a volte costruiti ex novo ogni sorta di apparecchi per la comunicazione aerea, di radioindicazione di rotta e per la misurazione delle distanze. Si facevano prove di elettro acustica, si sperimentavano telecomandi. Le tre grandi antenne per onde campionate  che si ergevano nelle immediate vicinanze svolgevano un prezioso ruolo di ausilio per la navigazione aerea a livello nazionale. Ad un certo punto della guerra, anche basandosi su apparecchi catturati agli inglesi ed agli americani si stavano mettendo a punto dei modelli di radar. Tuttavia era ormai tardi e l’armistizio del 43 mise fine a tale attività, come del resto a tutte le altre.


La divisione Radioelettrica aveva poi un centro satellite a Tor Mastorta a 2 km dall’Aeroporto. Esso era costituito da un piccolo edificio dove era situato un centro di ricezione e di ascolto per il collegamento con gli aeroplani in volo e gli aeroporti italiani. Tale edificio venne malauguratamente distrutto negli anni 80 per il passaggio della Bretella Autostradale Fiano-San Cesareo ma una selva di pali di cemento disseminati su alcuni ettari testimonia ancora oggi la presenza di una enorme rete di antenne.


L’edificio della Direzione Superiore Studi ed Esperienze era quello più grande. Costruito, come gli altri con abbondante uso del travertino locale, ospitava il Generale Direttore Superiore ed era allo stesso tempo sede di Divisioni e sezioni minori, che non avevano a loro volta un edificio dedicato. Ricordiamo la Divisione Aerodinamica ed Idrodinamica, la Divisione Motori e Stumenti di bordo, la Sezione Motori, la Divisione Chimico Tecnologica e la Divisione aerostrutture.


Vi era poi anche la Sezione Ottico Fotografica che aveva il compito di eseguire prove ed esperienze sulle macchine fotografiche, sul modo migliore di installarle ed usarle a bordo degli aerei, su ogni tipo di strumento ottico, sul materiale fotografico e le pellicole, sulla fotografia aerea e quella in condizioni di minore visibilità per oscurità o foschia.


Nel periodo della guerra il personale militare venne rafforzato da alcuni professori universitari i quali vennero cooptati nella struttura organizzativa e si videro attribuire il grado di capitano.


Gli studi della DSSE vertevano soprattutto sulla sperimentazione di nuovi tipi di bombe e siluri e sul miglioramento della  protezione degli aerei dai danni arrecati dai proiettili nemici.


Tutto ciò richiedeva ovviamente grandi capacità di calcolo ed una perfetta conoscenza di Meccanica, Aerodinamica e  Balistica.


Un edificio molto importante era quello della Divisione Chimica-Tecnologica. Essa aveva quattro Sezioni:


·        Sez. I Carburanti, lubrificanti, Vernici, con un laboratorio satellite a Fiumicino per la determinazione del numero degli ottani delle benzine.


·        Sez. II   Prove meccaniche e tecnologiche.


·        Sez. III  Metallurgica Metallografia


·        Sez. IV Chimica Fisica


Il Capo della Divisione era il Col. Giuliano Montelucci che oltre ad essere un validissimo chimico fu anche uno dei maggiori botanici italiani del 900 e come tale ebbe in seguito una brillantissima carriera all’Università di Firenze.


L’edificio della Sezione Aerostrutture era più basso degli altri ma molto ampio ed era denominato Officina Modelli. In esso venivano costruiti in legno leggerissimo e con impareggiabile maestria sia i modelli di aeroplano che di singole parti, quali eliche, pale, ali e parti di fusoliera da sottoporre poi alle prove nelle gallerie.


E’ un vero peccato che resti ben poco di questi modelli, come, del resto, di tutta una infinita serie di strumenti scientifici appartenenti ai laboratori di Guidonia.


Dopo l’8 settembre 1943 il Centro Studi ed Esperienze di Guidonia subì diverse razzie. Sembra che l’ing. Cornetto riuscì a salvare parecchio materiale e numerosi strumenti scientifici, trasportandoli nella sua grande villa presso le sorgenti delle acque Albule. Tuttavia,  dopo la morte di Cornetto avvenuta a metà degli anni 70, anche la sua villa ha subito continui furti e razzie, il mobilio è stato asportato, il prezioso archivio disperso e la villa stessa è ridotta ormai a poco più di un rudere. Non è tuttavia azzardato pensare che qualcuno dei preziosi aeromodelli del Centro Studi ed Esperienze faccia ancora oggi bella mostra di sé in qualche salotto di Guidonia e paraggi.


Gli edifici della Sezione Aerodinamica comprendevano quattro piccole gallerie del vento, identiche tra loro, di cui due destinate alle prove di routine su modelli di aeroplani già esistenti che si volevano migliorare.


Venivano provati modelli di aereo di ogni genere, non solo militare ma anche civile. Inoltre le gallerie erano anche a disposizione delle Ditte costruttrici per fare prove su progetti presentati da esse. Venivano poi provati modelli di eliche, profili alari ed anche modelli di bombe, di siluri e persino di automobili. Chi scrive ricorda ancora il suo istruttore al corso Allievi Ufficiali del Servizio Automobilistico, che, parlando di un modello Alfa Romeo diceva: “l’ha disegnato il vento”.

domenica 20 novembre 2005

Sesta puntata. Lo faccio per incoraggiarmi, visto che i miei tre lettori non si sono fatti vivi:) buona serata, buona giornata, Caio


Così nel gennaio del 1928 una squadriglia composta da tre velocissimi Savoia Marchetti SM 79 sparviero, nella versione CS corsa compiono senza problemi rilevanti la trasvolata da Guidonia a Rio percorrendo la distanza in poco più di 24 ore, escluso il tempo della sosta tecnica a Dakar.


 


 Nello stesso mese di luglio 1928 il Cap. Guazzetti del Centro Sperimentale compie il Raid Roma-Londra-Berlino-Roma.


Il 21 febbraio 1930 il pilota Renato Donati ed il motorista Campanili stabiliscono il primato mondiale di quota con 6.782 metri con un aeroplano Fiat AS1.


Lo stesso Donati migliora il suo record l’11 aprile 1933 portandosi a 14.443 metri. Dopo un breve periodo il record di Donati venne superato dall’inglese Swain. Tocca allora al Ten. Colonnello Mario Pezzi riportare in Italia il record: il 7 maggio 1937 Pezzi raggiunge la quota di 15.230 metri a bordo di un Caproni CA 161.


L’anno successivo, il 22 giugno 1938 Pezzi chiude definitivamente la partita del record d’altezza per aeroplani ad elica con un aeroplano simile a quello dei suo precedente record ma opportunamente modificato: il Caproni CA 161 bis.


Il record infatti gli era stato tolto dopo appena un mese, nel giugno del 1937, dall’inglese Adam che si era portato a 16440 metri.


Consapevoli di essere vicini ai limiti massimi dell’altezza raggiungibile da un aeroplano ad elica, gli specialisti di Montecelio (ma ormai si era affermato il nuovo nome di Guidonia) si erano preparati meticolosamente.


Esiste un filmato famoso che riprende le varie fasi della preparazione e della realizzazione del record di Pezzi: nulla venne trascurato, dall’elica a quattro pale di cui venne dotato il CA 161bis per aumentare la presa sull’aria rarefatta al controllo delle condizioni fisiche del pilota, alla cabina pressurizzata, antesignana di quella dei moderni jet militari e civili.


Come giustamente mette in rilievo l’Aeronautica Militare nel suo sito internet “l’attività non fu limitata soltanto al lato sportivo del volo rappresentato dalla conquista di primati, ma si concretò nello studio, nella sperimentazione e nella realizzazione di numerosi congegni ed accorgimenti tecnici atti alle esigenze del volo in quota”.


La quota raggiunta da Mario Pezzi fu di 17.083 metri. Nessuno al mondo, dopo di lui, ha fatto di meglio con un aeroplano ad elica.


Da questi studi ed esperimenti di Guidonia Montecelio derivarono anche altri primati: nell’aprile 1937 il Capitano Stoppani conquistò a Monfalcone il record di altezza per idrovolanti con 10.000 chilogrammi di carico, con un Cant. Z.508 che raggiunse la quota di 4.863 metri; sempre a Monfalcone Stoppani e Di Mauro nel novembre 1937 realizzarono il record di altezza per idrovolanti con 2000 kg di carico (metri 8951), con 5.000 kg di carico (7.140 metri) e con 500 kg di carico (9.190 metri); nell’agosto del 1937 i mitici “Sorci Verdi” di Guidonia conquistarono il primo, secondo e terzo posto nella prestigiosa gara internazionale Istres-Damasco-Parigi; nell’agosto del 1939 l’equipaggio Tondi-Dagasso-Vignoli conquistò il primato mondiale di distanza in circuito chiuso (km 12.933,770) con l’aereo Savoia Marchetti 82.


Come non ricordare poi i due primi aerei a reazione italiani sperimentati proprio a Guidonia Montecelio? Il primo era il Caproni con “elica intubata” dell’ing. Stipa che, occorre dirlo, destò anche qualche perplessità e non poche ironie. Il monoplano sperimentale Stipa-Caproni, denominato "aereo botte", effettua il primo volo il 7 ottobre 1932. I collaudi vengono spostati poi a Montecelio presso il Centro Studi ed Esperienze. Il progetto in seguito non trova realizzazione perché, pur avendo avuto buoni risultati, essi non erano tali da spingere per uno sviluppo degli esperimenti. Dei suoi voli a Montecelio esistono anche documenti filmati.


Il secondo, l’aereo a reazione Campini Caproni, sperimentato tra il 1941 ed il 1942, che collegò Milano a Guidonia il 30 novembre 1941, piloti De Bernardi, Pedace. Anche questo tipo di aeroplano non ebbe sviluppi successivi.


 Invece proprio a partire dagli anni 30 si sviluppò il grande progetto che ha consegnato il nome di Guidonia Montecelio alla imperitura storia della Aeronautica mondiale: la costruzione del Centro Studi ed Esperienze e la fondazione di Guidonia, la “Città dell’Aria”, la Cape Canaveral degli anni Trenta.


E’ veramente strano dover constatare come per lunghi anni, dopo la fine della seconda guerra mondiale, una specie di profondissimo oblio sia sceso sui grandi impianti scientifici di Guidonia, un oblio reso fisicamente tangibile dalle macerie e dalla fitta vegetazione che via via avevano ricoperto i ruderi storici dei grandi impianti del Centro Studi ed esperienze, al punto che percorrendo la via Cristoforo Ferrari oppure andando per ferrovia a Tivoli il viaggiatore distratto poteva equiparare questi ruderi a quelli di cui è costellata la campagna romana: tombe, acquedotti, ponti e strade che rimandano ad un passato tanto glorioso quanto remoto.


E lo stesso Monumento sepolcrale dell’Eroe eponimo di Guidonia, il Gen. Alessandro Guidoni ha subito la stessa sorte. Era stato Italo Balbo a volere che Guidoni fosse sepolto là dove era caduto il 27 aprile del 1928. Nelle intenzioni di chi l’aveva progettato e costruito esso doveva stagliarsi  solitario come la tomba di un “tribunus militum” dell’antica Roma, volendo riassumere in sé la forza tranquilla, la grandezza, l’austerità, il silenzio della campagna romana ed in questa forma tramandare ai posteri il carattere dell’Estinto.


Nel momento in cui la Città ha cominciato a crescere e ad espandersi lungo via Roma ci si sarebbe almeno aspettato che la tomba di Guidoni fosse rimasta al centro di una grande piazza.


Invece è stato dissennatamente consentito che due squallidi palazzoni si elevassero a pochi metri di distanza, nascondendolo alla vista di chi entra od esce da Guidonia.


Ci si chiede se non sarebbe meglio, non potendo abbattere gli edifici privati, trasferire il Monumento in un luogo più consono, ad esempio all’interno dell’Aeroporto.


Ed è anche difficile parlare compiutamente di quello che fu il Centro Studi ed Esperienze di Guidonia non essendo degli specialisti.


Per chi volesse approfondire la materia fortunatamente sono oggi a disposizione alcune opere importanti. Ne citiamo alcune:


Per gli aspetti giuridici e di organizzazione militare si può consultare ad esempio il volume “TECNICI IN UNIFORME AZZURRA” di Francesco Vadalà edito dall’Aeronautica Militare, Corpo del Genio Aeronautico, Roma 1990.


Per gli aspetti urbanistici e per l’inquadramento del complesso aeronautico di Guidonia nel panorama architettonico dell’epoca viene in aiuto il pregevole volume di Mariano Ranisi, “l’Architettura della Regia Aeronautica” edito dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica  in Roma, 1991.


Sull’attività scientifica svolta a Guidonia nei brevi anni di vita dei suoi impianti è stato uno studioso che ha vissuto in prima persona quella fantastica esperienza: il prof. Bernardino Lattanzi, ad accendere un faro con il suo volume “Vita ignorata del Centro Studi ed Esperienze di Guidonia” edito dall’Istituto Bibliografico Napoleone nel 1990.


Quello che invece non è difficile cogliere, per chiunque, è lo spirito che pervase le persone che vollero costruire il Centro e che vi lavorarono: la capacità di guardare avanti, di intravvedere sempre nuovi traguardi per la ricerca, andando anche molto al di là, con la teoria scientifica e con la sperimentazione, di quello che d’altro canto poteva realizzare l’industria italiana in quel momento.


Gli edifici delle Gallerie del Vento sono quelli che hanno dato maggiore fama a Guidonia ed anche, purtroppo, quelli che maggiormente hanno subito le offese degli uomini e del Tempo, assieme alla grande Vasca idrodinamica.


Essi facevano parte della Sezione Aerodinamica e fin dall’inizio ebbero tra i loro addetti il fiore degli scienziati italiani.


I bombardamenti americani, le razzie della popolazione, e dei Tedeschi, il recupero dei materiali di spoglio da parte della stessa Aeronautica e persino i tentativi di demolizione susseguitisi nel dopoguerra non hanno potuto domare quei poderosi edifici che conservano ancora un fascino indelebile.


Lo scrivente ha vissuto in prima persona, per esserne stato l’organizzatore ed il coordinatore di parte comunale, alcuni eventi che hanno comportato la visita dei Ruderi storici e della Pista di volo dei Primati..


Nel 1985 in occasione del Cinquantenario del Centro Studi e della posa della Prima Pietra di Guidonia fu organizzato un raduno di militari e civili che avevano lavorato nel Centro.


Tra il 1987 ed il 1988 venne celebrato il Cinquantenario della costituzione del Comune: il 9 maggio 1988 in Florida venne celebrato il Gemellaggio tra Guidonia “Città dell’Aria” e Cape Canaveral “Città dello Spazio” e nell’autunno dello stesso anno identica cerimonia fu ripetuta a Guidonia, alla presenza del Sindaco di Cape Canaveral Patrick Lee, del Sindaco di Guidonia Montecelio Giovan Battista Lombardozzi e di numerosissime Autorità Civili, Militari e Religiose.


Nel 1997 un intero equipaggio di Astronauti dello Shuttle, ospiti del Comune di Guidonia Montecelio e dell’Aeronautica Militare italiana fece visita agli impianti di Guidonia e rese loro un ammirato  omaggio.


Tra il 2000 ed il 2001 un gruppo di lavoro misto, comprendente autorevoli rappresentanti della Aeronautica Militare, esperti di aviazione ed urbanisti ha lavorato ad un piano di fattibilità per la realizzazione di un Parco dell’Aria il cui fulcro è stato individuato nell’area aeroportuale dei Ruderi storici.


In ognuna di queste occasioni, al cospetto di quelle maestose testimonianze, la mente di tutti i visitatori, scienziati, militari, politici, semplici cittadini  è rimasta colpita ed ammirata al pensiero che veramente qui a Guidonia negli anni Trenta vi era il meglio di quanto la tecnologia e la scienza aeronautica potessero offrire per il progresso dell’umanità.......segue


 

sabato 19 novembre 2005

quinta puntata. Riusciranno i nostri eroi a librarsi ancora in volo? Dopo la Grande Guerra l'aeroporto di Montecelio sembra destinato a scomparire. Non servono più tanti piloti e a Roma ci sono altri aeroporti....vedremo.


 


La fine della guerra segna anche la fine della prima fase del Campo di Montecelio: l’attività addestrativa e di volo viene rapidamente calando, fino ad essere soppressa.


Gli aerei in efficienza restano  pochissimi, gli altri diventano rapidamente rottami; spariscono le centinaia di allievi, si affievolisce il rombo dei motori.


L’unica Attività presente al Campo, in quei brevi anni di decadenza fu quella del raggruppamento Aerocostiero e Dirigibilisti di Roma, assieme ad un minimo di sperimentazione attuata dalla Divisione Sperimentale dell’Aviazione Militare, che era stata istituita nell’aprile dello stesso anno.


La rivoluzione Fascista portò in Italia cambiamenti profondi e radicali nella politica, nella società,nell’economia, nella organizzazione dello Stato.


Con una serie di Regi Decreti e provvedimenti correlati emessi nel 1923 tutta la Pubblica Amministrazione venne riorganizzata ed ancora di più le Forze Armate.


 A gennaio venne emanato il nuovo ordinamento dell’Esercito e, con R.D. del 28 marzo “per unificare tutte le forze aeronautiche in un’unica entità tecnica, professionale ed amministrativa, ordinata in un’unitaria economia di indirizzo e di organi”, venne costituita l’Aeronautica come Arma a se stante con le sue varie Direzioni Superiori e Specialità.


Nel 1923 dunque finiva in Italia l’epoca dei primi pionieri aeronautici e l’Aeronautica  cessava di essere considerata come una specialità del R. Esercito e della R. Marina.


Abbiamo visto quali fossero le idee di Italo Balbo e del Fascismo riguardo all’importanza futura dell’Aeronautica.


Mussolini stesso, che conseguì il brevetto di volo a Montecelio, ne era il principale assertore, al punto che come Capo del Governo, dopo aver costituito il Ministero dell’Aeronautica nel 1925, lo diresse personalmente. Ben presto queste idee si concretizzarono e l’aeroporto di  Montecelio (in seguito Guidonia) ebbe un ruolo importantissimo nella realizzazione del progetto.


Nel 1923 arriva a Montecelio un personaggio che legherà per sempre il suo nome alla nostra storia ed al nostro territorio:Alessandro Guidoni.


Non sappiamo se Guidoni fosse stato a Montecelio prima del 1023. Probabilmente si, visto che nel 1918 a Roma rivestiva il grado di Maggiore del Genio navale e l’incarico  di Direttore dell’Ufficio Studi e Sorveglianza e delle prove degli apparecchi sperimentali


Del Generale Alessandro Guidoni, Eroe eponimo di Guidonia, illustre scienziato conosciuto anche all’Estero, amico di Cesare Balbo e stimatissimo da Benito Mussolini, esistono almeno due biografie: una scritta a pochi anni dalla morte dal suo carissimo amico e collaboratore Guido Buggelli, l’altra, veramente ponderosa, scritta dal prof. Bernardino Lattanzi, uno dei più valorosi giovani ufficiali tecnici operanti a Guidonia sul finire degli anni ’30, autore anche di una importantissima opera di divulgazione. Noi, per necessità di sintesi riportiamo integralmente quella pubblicata su internet dalla Aeronautica Militare Italiana:



 



 Alessandro Guidoni nasce a Torino il 15 luglio 1880; nel luglio del 1900 è arruolato come soldato di leva e posto in congedo illimitato per motivi di studio. Si laurea in ingegneria industriale con il massimo dei voti presso il Politecnico di Torino e nel 1905 in ingegneria navale a Genova; nel 1903 consegue anche il brevetto di elettrotecnica presso il Ministero della Marina e nel 1913 quello di specializzazione su motori a scoppio. Divenuto tenente del Genio Navale, è capitano nel 1907; fra il 1909 ed il 1911 è a La Spezia dove ricopre incarichi soprattutto di ricerca, ma anche di sperimentazione su aeroplani ed idrovolanti (nell’agosto del 1911 diventa pilota di aeroplani e nel giugno di 1912 pilota di idrovolante). Partecipa alla Guerra di Libia presso la Squadriglia di Moizo a Tripoli ed al ritorno in Italia viene trasferito a Venezia come capo reparto costruzioni aeronautiche e riparazioni, nonché (dal 1913) come pilota istruttore della Squadriglia Idrovolanti.  Nel 1914 è a Taranto come capo del reparto riparazioni e costruzioni aeronautiche e nel 1915 comandante della Squadriglia Elba. Promosso maggiore nell’ottobre del 1916, dallo stesso anno è a capo del reparto costruzioni e riparazioni aeronautiche della Squadriglia Sant’Andrea di Venezia, effettuando anche collaudi di apparecchi sperimentali. Fino al 1922 progetta svariati modelli di idrovolanti (nel 1919 tiene lezioni di costruzione di idrovolanti presso il Politecnico di Torino), ma anche un aeroplano ed un elicottero. Nel 1919 ottiene anche due medaglie d’oro del Ministero della Marina come riconoscimento per le ricerche da lui effettuate in campo aeronautico; nel 1921 riceve un encomio ed è nominato aiutante di campo onorario del re (dal 1926 aiutante generale). Nel 1918 diviene Ispettore di Aeronautica e capo dell’Ufficio studi di Roma e partecipa a missioni all’estero: come delegato tecnico per l’Aeronautica al Comitato interalleato di Parigi, come membro alla commissione aeronautica di controllo a Berlino e come delegato italiano alla redazione della convenzione internazionale di navigazione aerea. Nel settembre del 1920 è tenente colonnello e viene inviato a Washington come addetto aeronautico; in questa sede partecipa alla commissione aeronautica presso la Conferenza sul disarmo tenuta nel 1921 (ricevendo anche un elogio da parte del Ministero della Marina nel 1922). Tornato in Italia nel 1923, entra nei ruoli della Regia Aeronautica e nel settembre diviene colonnello del Genio Aeronautico ruolo ingegneri; nel novembre è promosso maggiore generale e nel dicembre dello stesso anno assume l’incarico di Direttore del Genio e delle Costruzioni aeronautiche. Fra i riconoscimenti alle sua qualità di ricercatore si può citare anche la Honorary Fellowship della Royal Aeronautical Society. Il 27 aprile del 1928 durante il collaudo di un paracadute di Freri, probabilmente in seguito ad un’errata manovra, muore schiantandosi al suolo nei pressi di Montecelio. A lui, primo iscritto nei ruoli del Genio Aeronautico e primo Ufficiale Generale, è stata conferita la prima medaglia d’oro al valore aeronautico; a Montecelio è stata costruita la città dell’aviazione fondata il 27 aprile 1935, città che in suo onore è stata denominata Guidonia.

 




 



 Nel 1923 incominciava anche la seconda gloriosa fase del Campo di Aviazione di Montecelio.


Abbiamo visto come fosse ben forte e radicata la volontà politica che l’Italia si dotasse di una idonea Forza Aeronautica. Allo stesso tempo tra gli aviatori che si erano formati nell’intenso e glorioso periodo pionieristico era assai viva la consapevolezza che i fenomeni legati al moto delle macchine all’interno dei fluidi, sia nell’atmosfera che nell’acqua dovessero essere sistematicamente studiati e sperimentati, per produrre mezzi efficienti e tecnicamente progrediti.


Quindi già nel 1923 veniva prevista una Sezione Sperimentale della Direzione Superiore del Genio e Costruzioni Aeronautiche, costituita dall’Istituto Sperimentale Aeronautico di Roma.


Nel 1924 fu costruita a Montecelio la prima galleria aerodinamica.. Niente a che vedere con le meraviglie inaugurate nel 1935, si trattava di un piccolo impianto all’interno di un capannone e tuttavia si potevano condurre già esperimenti. Allo stesso tempo già funzionano una sala prove motori ed una officina di precisione per mettere a punto, o costruire ex novo strumenti indispensabili quali i primi rudimentali registratori di bordo, altimetri, anemometri, contagiri.


E sempre a Guidonia veniva posta grande attenzione e studio al problema della salvezza dei piloti e dell’equipaggio in caso di abbattimento del velivolo. Si studiavano protezioni più efficaci delle persone e dei serbatoi del carburante, si provavano e riprovavano con grande cura nuovi tipi di paracadute. Proprio la sperimentazione di un paracadute, il “Salvator B” fu la causa della morte eroica di Alessandro Guidoni.


Inoltre si stabilivano i primi approcci con i problemi derivanti dal volo in quota: la rarefazione dell’aria e la conseguente diminuzione della pressione atmosferica e della temperatura. In seguto questi studi vennero sistematicamente approfonditi nell’ambito del Gabinetto fisiopsicologico dove funzionava la camera a depressione necessaria per riprodurre a terra il fenomeno della rarefazione del’aria in quota e studiare le reazioni fisiche e mentali dei piloti.. Nel 1934 quale logica conseguenza di questi studi venne costituito il Reparto Alta Quota e nel 1937 il Centro Studi e Ricerche di Medicina Aeronautica.


Le due vecchie piste del Campo di volo erano ormai inadatte ai nuovi scopi dell’Aeroporto Alfredo Barbieri e per questo nel 1927 viene approntata, su progetto del Gen. Cristoforo Ferrari, la pista in discesa, completamente pavimentata, dalla quale partirono le conquiste dei records e le imprese che resero famosi Montecelio e la Regia Aeronautica.


Ne citiamo alcuni:


Nel luglio 1928 la nuova pista in discesa contribuì non poco a rendere possibile il decollo del SM 64 di Arturo Ferrarin e Carlo Del Prete, sovraccarico di carburante. La destinazione era Rio de Janeiro, un collegamento senza scalo mai tentato da nessuno prima di allora. E l’impresa, anche se non riuscì completamente per la mancanza di carburante nel tratto finale, costituì ugualmente un’impresa strabiliante: venne infatti raggiunta la spiaggia di Touros, in Brasile, a 7188 km di distanza, dopo 49 ore e 15 minuti di volo ininterrotto. Una grande lapide posta all’inizio della pista ricorda ancora oggi la storica impresa.


Il volo di Ferrarin e Del Prete, coadiuvati dal motorista Giuseppe Da Monte, aprì la strada alla creazione del primo volo di linea intercontinentale, creato nel 1939, tra Guidonia e Rio De Janeiro.


Infatti nel 1932 venne convocato a Roma un grande congresso internazionale dedicato proprio ai voli intercontinentali.


In tale congresso venne presentato un dettagliato progetto italiano che prevedeva il volo di linea tra Roma e Buenos Ayres, da realizzarsi a mezzo di idrovolanti, certamente sotto l’influsso delle imprese di Italo Balbo. Nella discussione che ne seguì, mentre tutti erano d’accordo sulla necessità e sulla fattibilità di un simile progetto, che prevedeva uno scalo tecnico a Dakar in Africa, le opinioni divergevano quanto al tipo di aeroplano da impiegarsi.


La spuntarono i sostenitori degli aeroplani con decollo terrestre i quali si fecero forza proprio con l’esempio del volo di Ferrarin e Del Prete.


Nel 1937 il progetto venne messo a punto, con una variante: lo scalo d’arrivo sarebbe stato Rio De Janeiro in Brasile. Il compito di saggiare la rotta venne affidato ai famosissimi “sorci verdi “ di cui faceva parte anche Bruno Mussolini, il figlio del Duce.


 

venerdì 18 novembre 2005

 confortato dal grande successo di lettori (ho raddoppiato: da uno sono passati a 2) posto di seguito la quarta puntata;)


Aeroporto di Guidonia


Esso venne intitolato alla memoria del Ten. Col. Alfredo Barbieri medaglia d’oro al Valore, morto in combattimento il 18 febbraio dello stesso anno


 


 ALFREDO  BARBIERI

  Roma 17/7/1860 Lubiana 18/2/ 1916

 Scarse sono le notizie riguardanti Alfredo Barbieri medaglia d’argento al valor militare sul campo.




La motivazione recita:

“Comandante del Battaglione Squadriglie Aviatori,costante esempio ai suoi dipendenti di disprezzo del pericolo e di ardimento, dopo aver volontariamente preso parte a numerose ardite azioni aere sul nemico, incontrava morte gloriosa a bordo di un aeroplano durante un’azione offensiva, mentre con la mitragliatrice  accingevasi a ricacciare un attacco aereo avversario”  Il 14 febbraio, una squadriglia italiana, alzatasi nel cielo di Schio, mise in fuga gli aeroplani austriaci che bombardavano questa città, e nel cielo di Gorizia un aviatore attaccò e mise in fuga un aeroplano nemico.
Il 18 febbraio, "in risposta - come recitava il bollettino di Cadorna - alle molteplici violazioni del diritto delle genti con iniqua insistenza perpetrate dal nemico fin dall'inizio della guerra, una squadriglia di sei nostri Caproni partì per un' incursione su Lubiana. Fatti segno a nutriti tiri della contraerea nemica i nostri apparecchi poterono giungere senza incidenti a una cinquantina di chilometri da Lubiana. Ma, all'allarme dato dall'osservatorio del Monte Santo, alcuni velocissimi Fokker, alzatisi dal campo d'aviazione di Aisovizza, inseguirono la squadriglia e raggiuntala, non osando di affrontarla, assalirono l'ultimo apparecchio, pilotato dal prode capitano ORESTE SALOMONE, che tanto si era distinto nella guerra libica, il quale aveva come compagni due ufficiali, il capitano LUIGI BAILO e il tenente colonnello ALFREDO.BARBIERI.
Il penultimo Caproni, accortosi dell'attacco, si dispose ad accorrere in aiuto del compagno, poi agli ufficiali che lo pilotavano parve che l'apparecchio aggredito si fosse disimpegnato da sé e riprendesse la rotta verso Lubiana, e poiché il rombo sonoro delle eliche e lo strepito assordante dei motori non aveva loro permesso di udire lo scoppiettio delle mitragliatrici dei Fokker, non immaginarono la tragica lotta che si era svolta fulmineamente.
Ai primi colpi del nemico era stato ferito alla testa il capitano Salomone, poi furono colpiti ed uccisi, uno dopo l'altro, il Bailo e il Barbieri. Il Salomone, rimasto solo, puntò verso il territorio italiano, rifiutando di arrendersi agli aviatori nemici che, finite le munizioni, gli facevano cenno di atterrare. Nonostante il dolore che gli causava la ferita e il sangue che gli calava sul viso e gli velava la vista, quantunque i corpi dei due compagni morti gli rendessero difficile e faticosa la manovra, sorretto da un'energia sovrumana, riuscì a sfuggire ai tiri delle batterie contraeree ed atterrare in territorio italiano.
Gli altri cinque Caproni, giunti su Lubiana e fatti segni al fuoco delle batterie nemiche e agli attacchi di numerosi aeroplani austriaci, si abbassarono sulla città e tra squarci di nubi vi lanciarono parecchie diecine di granate-mine e di bombe. Un apparecchio, colpito da uno shrapnel che gli aveva danneggiato il motore, volando a bassa quota, riuscì a rientrare alla sua base dalla parte del mare. Un altro, attaccato da uno sciame di caccia austriaci ed essendo stato colpito a morte il pilota, atterrò rovinosamente nei pressi di Biglia e andò in parte distrutto. L'ufficiale superstite, il tenente romano MARCO AURELIO RIPAMONTI del 19° Reggimento Guide, fu fatto prigioniero. Gli altri apparecchi ritornarono incolumi. All'eroico capitano Salomone fu concessa qualche giorno dopo la medaglia d'oro"
.

Ad Alfredo Barbieri il Comune di Guidonia Montecelio,  in occasione del 50° anniversario della sua Costituzione, volle intitolare la più grande piazza della Città. Il comando venne dislocato nel grande Casale dei Prati di proprietà della famiglia Melacini, il personale militare e civile trovò alloggio a Montecelio. In breve tempo vennero costruiti dei baraccamenti, un hangar e due semplici piste di volo.Il primo Comandante del Campo di Montecelio è il Colonnello Leone Bassano, mentre il Capo Istruttore è il Ten. Pilota Balange.Esistono alcune foto dell’epoca, molto conosciute perché ampiamente diffuse dalla Aeronautica Militare Italiana, attraverso le quali si può chiaramente rilevare la consistenza dell’originario Campo di Montecelio.Quella sopra riportata(immaginatela hehe) appartiene sicuramente alla seconda fase del Campo di Montecelio, tra il 1923, anno in cui la Base  cominciò ad assumere le sue spiccate connotazioni di Centro Sperimentale ed il 1931 anno in cui cominciarono i lavori dei grandi, futuristici impianti del Centro Studi ed Esperienze, inaugurati nel 1935.Gli edifici infatti sono ancora tutti a valle della ferrovia mentre l’aspetto dell’insieme, curato ed ordinato, non fa certo immaginare lo stato di semi abbandono in cui il Campo di Montecelio versò per alcuni anni, dopo la fine della Grande Guerra.




Quali erano i sentimenti degli abitanti di Montecelio nei confronti del Campo d’Aviazione?


Sicuramente favorevoli, improntati inizialmente allo stupore ed alla meraviglia per tanta novità.


Poi c’erano importantissimi vantaggi economici, di cui risentiva positivamente l’economia del paese: si trovavano occasioni  di lavoro, si affittavano alloggi, i commercianti facevano buoni affari. Il traffico sulla tratta ferroviaria Roma Montecelio-S.Angelo Romano aumentò e molte attività commerciali e artigianali che già gravitavano attorno alla stazione si consolidarono.


Alla fina della guerra infatti arrivarono ad essere oltre 500 gli allievi piloti presenti nella base. L’attività prevalente era quella dell’addestramento piloti anche se non mancavano attività sperimentali, cosa del resto normale in un contesto in cui tutto era nuovo: macchine e piloti.


Anche i vicini Comuni di Tivoli e S. Angelo Romano in qualche modo se ne avvantaggiarono, certo in misura minore dei Monticellesi.


In seguito, con la nascita di Guidonia, emersero problemi e risentimenti di un qualche spessore legati agli espropri dei terreni, alla lamentata inadeguatezza degli indennizzi, al fatto che in certi casi le somme vennero pagate dopo la guerra, quando ormai la lira si era enormemente svalutata ed anche alla vana speranza di alcuni proprietari di riavere indietro quei terreni che non furono mai destinati all’uso per i quali erano stati espropriati.


Era poi molto diffuso un orgoglioso sentimento patriottico, la consapevolezza che quello che si faceva nel Campo d’Aviazione di Montecelio avrebbe contribuito, come fu, alla vittoria ed alla fine della guerra.


Infine c’era anche un po’ di invidia per coloro che avevano trovato lavoro presso il Campo, svincolandosi dalla vita dura ed a volte grama del contadino.


Di questi sentimenti troviamo un’eco in alcuni scritti dell’epoca, come la lirica del poeta locale Antonio Cerqua, pubblicata dal Messaggero il 30 settembre 1917 e riportata dal Piccolini, dove esalta i valorosi aquilotti italiani che si addestravano a Montecelio, capaci di affrontare e vincere le aquile bicipiti:


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Tu pure, Italia, in breve corso d’anni


Tutta pennuta batti forte l’ali.


Gli Austriaci indarno chiaman gli Alemanni.


In alto, Italia, fulminando assali


De l’Alpi dome su gli eccelsi nidi,


fuga, distruggi l’aquile imperiali.


Testé pulcini diventar le vidi,


fuggire ossesse riempiendo l’etra


d’ali spezzate, di rabbiosi gridi.


Più non diranno che sonar la cetra


sapevi solo e accompagnare il canto


De l’infelice che soccorso impetra.

 



 


Riguardo all’invidia più o meno marcata per coloro che lavoravano al Campo d’Aviazione sono rimasti nel dialetto dei modi di dire significativi:



“U Campu è ‘na vacca,


chi mogne e chi ratta.”

 



 


Un modo abbastanza caustico per dire che chi ci lavorava aveva raggiunto una vera pacchia, cosa data per scontata da tutti, visto che chi si recava a lavorare al Campo a sua volta diceva:


“Vajo a ‘a vacca”

 



 


 


Lo stesso don Celestino Piccolini nella sua Storia di Montecelio riferisce del prezioso aiuto prestato nel 1924 dal Comandante dell’Aerodromo ( lo chiama così) di Montecelio in occasione della importante scoperta di una caverna sopra il Casal Bruciato, a Collelargo.


La caverna era stata frequentata in epoca preistorica e conservava ossa d’animali, manufatti neolitici e sepolture umane.


Grazie al Comandante del Campo che mandò a fotografare i luoghi ed i reperti il Capitano Randaccio su richiesta del Piccolini, si poté documentare la scoperta, dopodiché i cavatori del calcare, dissennatamente, fecero saltare e disperdere tutto con le mine.


Infine ardiremmo riportare qui un sonetto del versatile don Celestino il quale, oltre ad investigare e descrivere nelle sue opere la storia e le antichità di Montecelio, piantando un albero che ha dato buoni frutti, ci ha lasciato con i suoi “Rustici Accenti” un affresco bellissimo della vita paesana e di quella cultura contadina allora ben viva e che oggi sta tramontando.


 


 


 


CAMPU D’AVIAZIONE


A Monte Celio



A Pippu de Custinu de Nenella,


‘rrivatu a Roma quanno se spusà.


ji disse ‘n vetturinu:_ Vònno fa


li sposetti una gita in carrozzella?_


_ Ddo’ ce porti? _ Co’ ‘sta giornata bella


a Ciampino chi è che nun ce va


pé vede l’aeroplani de volà?


Una gara mai vista come quella._


_ ‘Na novità! Bè propriu a Monticelli,


volanu sempre ‘nnanzi a ‘a stazione


p’esperimenti in tutti ‘i modelli:


Esse, Breda, Capruni, Sva da caccia…._


Au vetturinu, a questa descrizione,


se ji cascaru tutt’e dove ‘e raccia.


 


 E se il lettore non si farà spaventare dall’osticità del dialetto monticellese vedrà bene come una volta tanto il “paesano” si sia preso la rivincita sul “cittadino” per il quale gli aerei in volo erano ancora una meraviglia ed uno spettacolo mentre per il nostro erano ormai cosa di tutti i giorni.


Nel novembre del 1918 la Grande Guerra finisce, lasciando la Nazione vittoriosa ma esausta, delusa e disorientata.


Disoccupazione, crisi economica, problemi dei reduci, conflitti di classe aprono uno scenario di instabilità che troverà soluzione solo dopo il 1922, con l’avvento del Fascismo.....segue