venerdì 16 dicembre 2011


Dicamus bona verba, venit Natalis ad aras

(ALBIO TIBULLO, 59 a.C., 19 a.C.
 Eleg., 2, 2, 1

Auguri a tutti
Caio


 

lunedì 21 novembre 2011


Il tempo non torna più







 





Ec 8:5-8, 15-17; Is 28:23-29; Sl 33:8-11
3:1 Per tutto c'è il suo tempo, c'è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: 2 un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato; 3 un tempo per uccidere e un tempo per guarire; un tempo per demolire e un tempo per costruire; 4 un tempo per piangere e un tempo per ridere; un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare; 5 un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle; un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci; 6 un tempo per cercare e un tempo per perdere; un tempo per conservare e un tempo per buttar via; 7 un tempo per strappare e un tempo per cucire; un tempo per tacere e un tempo per parlare; 8 un tempo per amare e un tempo per odiare; un tempo per la guerra e un tempo per la pace.



martedì 8 novembre 2011


Caro Nino, addio, con affetto


 


Stamattina uscendo di casa presto ho visto per caso gli annunci mortuari per Nino Novacco.
Ci sono rimasto assai male. Certo, aveva la sua età ed io  non lo vedevo da alcuni mesi ma non mi aspettavo che fosse in pericolo di vita.
Con lui se ne va una grande personalità, un amico del Mezzogiorno ma soprattutto dell'Italia, un mecenate colto e raffinato amante dell'arte come dell'economia.
Molti lo hanno ricordato, oggi.Lo voglio fare anch'io per i motivi che dirò ma prima di tutto voglio citare le parole che ha avuto per lui il Presidente Giorgio Napolitano:

“Scompare con Nino Novacco una personalità di rilievo del meridionalismo italiano. Il suo è stato un lungo, coerente e tenace impegno di affermazione del ruolo del Mezzogiorno nello sviluppo democratico dell’Italia repubblicana, di valorizzazione delle risorse e potenzialità delle regioni meridionali e di manifestazione delle loro esigenze e legittime aspettative”. Lo scrive il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio di cordoglio per la morte di Nino Novaccco.
“I lunghi anni di presidenza della Svimez – ha sottolineato il capo dello Stato – hanno rappresentato il culmine di tale impegno, avendo egli fatto di quella istituzione la tribuna più autorevole del movimento culturale e politico democratico per il progresso del Sud e per l’unità tra Nord e Sud”.

Il mio paese, Montecelio, è stato per lui luogo d'adozione assai amato, quasi come la sua adorata Sicilia.
A Montecelio si è sposato, ha messo su una splendida dimora aperta ai concittadini. Ha amato Montecelio e noi monticellesi ameremo sempre il suo ricordo.
Personalmente lo conobbi negli anni 80 quando insieme ci battemo per salvare dalla escavazione selvaggia la stupenda riserva di Poggio Cesi. Fu una battaglia vinta che cementò un'amicizia che per me era anche devozione ed ammirazione nei confronti di una persona colta, gentile, dotata di un carisma ed una autorevolezza immensa.
La sua "sala della Pace" il suo " giardino degli allori" sono stati da 30 anni a disposizione dei concittadini per mostre, manifestazioni culturali, eventi sociali di ogni tipo e sempre a  spese della sua splendida, civica munificenza.
Ricordo con dolce malinconia le nostre conversazioni sui dialetti, la pacatezza con cui cento volte mi ha spiegato la sua visione, politica e civile della nostra storia.
E ricordo con il sorriso la sera in cui, senza preavvisare gli portai in casa Vittorio Sgarbi. Ci accolse con divertita gentilezza, in giacca da camera, gli mostrò la sua casa, la collezione di quadri. E Vittorio, che in quei primi anni 90 era più arrogante e scatenato che mai rimase affascinato da questo elegante e colto signore che gli teneva testa per competenza e conoscenza e gli si rivolse con inusitata deferenza durante tutto il colloquio. Quando andammo via, un'ora e mezza dopo mi disse " Alfò, sei davvero fortunato ad avere un amico così"
Adesso Nino non c'è più. Ma non c'è più soltanto nella sua mortale fisicità. Vive nella sua opera, nei suoi scritti, nella memoria di chi gli ha voluto bene ed ha avuto la fortuna di fare un pezzo di strada con lui. Addio, Nino, da amico ad amico, da monticellese a monticellese, da allievo a maestro, da figlio a padre, addio.
Alfonso

sabato 10 settembre 2011


non mi va...





E' vero, sono svogliato.
Scrivere sul blog per me è stato sempre un piacere, l'ho fatto di getto, senza correggere, seguendo la prima ispirazione del momento.
Adesso sono 40 giorni che non scrivo e chissà perché non mi viene nulla da scrivere.
Sarà che questo è un momento particolare della mia vita. Di grande cambiamento di, qualche preoccupazione.
Ah, niente di che, non posso mica lamentarmi di come sono andate le cose fino ad ora. Sto bene in salute, non ho problemi economici. E sono anche fiducioso per il futuro, fin che sarà. Però certo...sono tempi un po' così, questi. E soprattutto sono tempi in cui non ci si può racchiudere in una torre eburnea dicendo " vabbeh, io sto bene, che mi frega degli altri?"
Ci sono un sacco di persone che non stanno bene, intorno a noi, per svariati motivi e la sensazione, purtroppo, è che stiano aumentando.
Stare bene in un mondo in cui tanti stanno male non è una bella cosa, si sa.
Eppoi non so se ho fatto bene ad accettare questo differimento della pensione. Certo, sono solo 3 mesi e un po' ci guadagno ma se non l'avessi fatto adesso mancherebbero solo pochi giorni. Ed io non vedo l'ora che finisca. Voglio finire, voglio cambiare.
Mi dispiace doverlo dire ma cambiare forse comporterà anche il distacco da questo mondo splinderiano, che pure amo così tanto. Non ne sono sicuro ma forse sarà così. Vedremo. 

lunedì 1 agosto 2011


Delle vacanze, della morte ed altre cose della vita.




Domenica scorsa mi ha svegliato mia madre: "portami all'ospedale, non mi sento bene". Testona di una mamma, ha preso un sacco di medicine senza prendere il farmaco protettivo per lo stomaco. Avevamo pure litigato, la settimana prima. Me lo sentivo. Mi aveva risposto che non ne aveva bisogno. Infatti le è venuta l'ulcera. Niente di che, quando siamo arrivati in ospedale si era già rimarginata ma comunque si è fatta 5 giorni lì. Poi ha cambiato idea 3 volte ed infine ha deciso che non viene al mare con me. Uff, capisco che a casa sua si sente più tranquilla ma il medico le ha assicurato che il mare le fa bene. Certo non posso deportarla. Del resto il 15 sera starò qui mentre la famiglia si ferma in Toscana tutto il mese. Dormirò da lei se mia sorella vuole andare in vacanza.
*
Domenica mentre parcheggiavo davanti ai giardinetti su al paese mi ha salutato un amico, gli ho risposto distrattamente, stava con uno la cui fisionomia mi ricordava qualcosa, non molto alto, capelli grigi, si appoggiava a un bastone. Poi mi si è accesa una lampadina e nonostante il pensiero di mamma sono tornato indietro. Loro nel frattempo si erano seduti su una panchina. Mi sono piazzato davanti e ho detto " ma tu sei...." " Angelino, mi ha risposto lui sono proprio io" E io " ma quanti anni sono che non ci vediamo?" E lui " sono 40 anni, non sono uscito di casa per 40 anni"! Mi sono ricordato di quando sparì dal giro degli amici. Aveva 2 anni più di me, si era innamorato di una bella ragazza. All'inizio filavano bene. Poi lei lo lasciò e lui...non è più uscito di casa. Sembra una storia dell'800 ma è vera. Poi sono andato via di fretta e li ho salutati ma uno di questi giorni voglio farmi raccontare cosa cavolo ha fatto in casa per 40 anni!
*
Questa settimana avrei dovuto raccogliere le pere. E' stata un'annata eccezionale. Erano tante, belle, senza nemmeno un baco nonostante io non usi antiparassitari. E un po' le ho anche raccolte, forse un 5 quintali, regalandole a destra e manca. Ma proprio questa settimana non ho avuto tempo. Il temporale di ieri ha sgrullato le piante, sono cadute a quintali.Stamattina è venuta un'amica gliene ho dato 2 casse. Stasera sono venuti due amici se ne sono raccolte un po' dagli alberi. Io sono riuscito a fare la marmellata usandone una ventina di chili. Mi sono ammazzato di fatica fino alle 22,30 però ne ho fatto quasi 30 barattoli ed è venuta buona. Le altre stanno tutte lì, ci farà la grappa Nicolae.
*
Valeriano Compagnucci era stato il mio primo medico di famiglia, quando ero bambino. Ricordo che veniva a Montecelio da Guidonia con la vespa. Una persona sempre disponibile, colta, amante dello sport e della musica classica. Le sue figlie sono tra le mie migliori amiche. Una, Paola, è stata la mia vice per oltre 20 anni. Nonostante il lavoro impegnativo è stato anche amministratore, presidente della squadra di calcio, presidente della ASL. Pur non essendo un patito del calcio quando c'era lui scrivevo negli annali della AS Guidonia. Era marchigiano ma amava questa Città di cui è stato pioniere. Aveva 90 anni ed è morto senza soffrire, a casa sua con accanto moglie, figlie, nipoti. Una morte da persona giusta quale egli era. Stamane sono passato dai Vigili e mi sono preso la responsabilità di disporre picchetto d'onore e corona per il funerale. Sono sicuro che il Sindaco approverà.
*
Dopo che mi hanno avvisato mi preparavo ad uscire quando è arrivata un'altra telefonata. Era Laura, la migliore amica di mia moglie per informarci che era morto suo padre. Alla stessa ora di Valeriano e i funerali ci saranno domani alle 11, sull'Aurelia. Era un preside in pensione, lo conoscevo poco ma mi piaceva. Anche lui molto anziano però a mia moglie è dispiaciuto assai, erano vicini di casa, gli voleva bene.
*
E poi è morto Mino, colonnello dell'aeronautica, quasi mio coetaneo, marito di una mia compagna di liceo. Era stato male con il cuore, anni fa ma sembrava essersi ripreso invece...Dopo l'infarto ricordo che mi disse " da adesso in poi per me è una proroga inaspettata, voglio vivere serenamente" Per un po' ci è riuscito ma non quanto lui stesso e noi tutti speravamo.
*
E sono qui a chiedermi se non è meglio che la smetta di fare progetti come se dovessi vivere ancora 100 anni...se non è meglio che tiri i remi in barca e mi dedichi solo ad un salutare ozio campestre. Non so, non riesco a capire se è meglio andare avanti o fermarsi.
Domani ( oggi, ormai ) è il mio onomastico. Ho spostato la partenza per il mare al pomeriggio, prima ci sono ancora cose da fare. Ma domani sera sarò al mare. Voglio rilassarmi, leggere, nuotare, passeggiare, rivedere i luoghi etruschi della Maremma. Poi, si vedrà.

giovedì 21 luglio 2011


a te che non torni più
SCRITTO SULLA SABBIA

Che il bello e l'incantevole
Siano solo un soffio e un brivido,

che il magnifico entusiasmante
amabile non duri:
nube, fiore, bolla di sapone,
fuoco d'artificio e riso di bambino,
sguardo di donna nel vetro di uno specchio,
e tante altre fantastiche cose,
che esse appena scoperte svaniscano,
solo il tempo di un momento
solo un aroma, un respiro di vento,
ahimè lo sappiamo con tristezza.

E ciò che dura e resta fisso
non ci è così intimamente caro:

pietra preziosa con gelido fuoco,
barra d'oro di pesante splendore;
le stelle stesse, innumerabili,
se ne stanno lontane e straniere, non somigliano a noi
- effimeri-, non raggiungono il fondo dell'anima.

No, il bello più profondo e degno dell'amore
pare incline a corrompersi,

è sempre vicino a morire,
e la cosa più bella, le note musicali,
che nel nascere già fuggono e trascorrono,
sono solo soffi, correnti, fughe
circondate d'aliti sommessi di tristezza
perché nemmeno quanto dura un battito del cuore
si lasciano costringere, tenere;
nota dopo nota, appena battuta
già svanisce e se ne va.


Così il nostro cuore è consacrato
con fraterna fedeltà
a tutto ciò che fugge
e scorre,
alla vita,
non a ciò che è saldo e capace di durare.

Presto ci stanca ciò che permane,
rocce di un mondo di stelle e gioielli,
noi anime-bolle-di-vento-e-sapone
sospinte in eterno mutare.
Spose di un tempo, senza durata,
per cui la rugiada su un petalo di rosa,
per cui un battito d'ali d'uccello
il morire di un gioco di nuvole,
scintillio di neve, arcobaleno,
farfalla, già volati via,
per cui lo squillare di una risata,
che nel passare ci sfiora appena,
può voler dire festa o portare dolore.

Amiamo ciò che ci somiglia,
e comprendiamo
ciò che il vento ha scritto
sulla sabbia.


Hermann Hesse da La felicità, versi e pensieri


 

sabato 2 luglio 2011


XV Censimento Generale della popolazione e delle abitazioni.
ovvero
come si cambia






Oggi ho fatto coi miei collaboratori la prima riunione operativa per il Censimento, che si terrà ad ottobre. E' una cosa di cui mi piace occuparmi, per svariati motivi. E quindi voglio farlo bene.
Uno dei motivi è senz'altro sentimentale. Io venni assunto dal mio Ente il 23 settembre 1971 proprio per fare preparare l' XI Censimento. E siccome il censimento si fa ogni 10 anni sarà il quinto della mia carriera. Con il censimento ho cominciato, con il censimento finirò.
Anzi, diciamo che questo lo preparerò ma quando si farà, in ottobre, non ci sarò più, sarò in pensione.
Eravamo in 3, tutti giovani. Io, Arcangelo e Gianni. Io avevo 21 anni, Gianni 23, Arcangelo 24. Ci misero nella parte più buia dell'archivio, uno stanzone disadorno dove fino a pochi anni prima c'era stato l'ECA, ente comunale di assistenza. Ricordo che c'erano gli scaffali dove si tenevano le derrate da distribuire ai poveri, le bilance, una piccola una grossa....e tanta polvere.
In un angolo un mucchio di questionari, erano 13.000, ci dissero e bisognava metterci i timbri identificativi del comune, con i codici. Su ogni questionario andavano 7 timbri. Quindi in tutto 91.000 timbri. Decisamente un lavoro di alta professionalità.
Però eravamo allegri, ci scherzavamo sopra. Per nessuno di noi era il primo lavoro. Arcangelo veniva dalla Pirelli, Gianni mi pare avesse lavorato alle Poste, io avevo fatto l'elettricista e poi l'assicuratore. Lo stipendio era di 80.000 lire al mese. Meno di quel che guadagnavo con le assicurazioni, forse la metà. Ma a fare assicurazioni stavo in giro tutto il giorno mentre lì si facevano 34 ore la settimana, perché il sabato si usciva alle 12 ed inoltre c'erano un sacco di feste. Il tempo libero mi serviva, perché volevo studiare.
Ai primi di ottobre tutti i questionari erano pronti. Poi vennero i rilevatori, una ventina di ragazzi e ragazze. Noi davamo ad ognuno di loro i questionari e la sera li ritiravamo. Controllavamo se erano riempiti bene, li mettevamo a posto. Mi piaceva.
Alla fine risultò che gli abitanti del comune erano 33.000. Eravamo in forte crescita e cresciamo ancora oggi, che siamo quasi 90.000.
Si scriveva tutto a mano, non c'erano fotocopiatrici, il pc ancora non l'avevano inventato, le macchine da scrivere erano poche. A volte mi portavo la mia Olivetti lettera 22 ma il mio capo mi disse " lascia stare, se la usi solo tu il lavoro viene disomogeneo". Era un buon capo, Arturo. Una persona serena e disponibile, pronto ad aiutarti se ti vedeva in difficoltà, raro di rimproveri ma efficace se li faceva. Quando morì all'improvviso, 10 anni dopo, lo piansi come se fosse stato un padre, aveva 51 anni. E adesso suo figlio è uno dei miei migliori amici.
Sono passati quasi 40 anni, io sono cambiato, la città è cambiata, il mondo è cambiato.
Ed è cambiato anche il Censimento. A dirigerlo saremo in due, io e un mio collega che è laureato in statistica e che ha curato i rapporti con l'ISTAT. Io mi occuperò dell'Anagrafe e del personale, lui di tutto il resto. Ad ottobre quando io andrò via resterà tutto sotto la sua responsabilità. Ma è bravo ed ha un buon carattere.
Istat considera assai interessante il mio Comune perché sa che è un campione estremamente rappresentativo della realtà italiana. Quindi ci ha assegnato un ottimo budget, oltre 200.000 euro, che aumenteranno anche in ragione del numero di questionari che riusciremo ad inviare per via telematica. E noi abbiamo un obiettivo, che per adesso ci siamo solo detto tra noi, non lo sanno nemmeno gli Amministratori. Vogliamo inviarli TUTTI in via telematica anche se non è obbligatorio.
Come fare? L'idea è di fare un gruppo di lavoro ristretto di funzionari comunali esperti in informatica ( tra l'altro la legge ci fa obbligo di inserire nel progetto prima di tutto i dipendenti e poi gli esterni, quindi faremo due bandi diversi). Questo sarò l'ufficio centrale, di interfaccia con l'Istat. Poi faremo dei punti di raccolta, almeno 20 sull'intero territorio comunale. In ogni punto di raccolta ci saranno almeno due postazioni internet con operatori, interni o esterni, in grado di eseguire il programma di compilazione on line. Poi a settembre faremo una campagna comunicazionale. L'Istat invierà direttamente a casa dei cittadini i questionari, insiema al codice identificativo. Quindi in teoria chiunque abbia il collegamento internet a casa e un po' di dimestichezza con il pc può fare tutto da solo.
L'innovazione che vogliamo introdurre per ottenere l'obiettivo della consegna telematica è la compilazione del modulo digitale presso i centri di raccolta, con il consenso del cittadino che, se vuole avvalersene dirà il proprio codice al rilevatore.
I dati immessi nel programma ci diranno in tempo reale quali sono i numeri civici e le famiglie che non hanno inviato direttamente o tramite i punti di raccolta il questionario. Solo alla fine manderemo i rilevatori a casa di chi pur risultando presente non ha consegnato ed a controllare le case che risultano vuote per vedere se ci sono persone non iscritte all'anagrafe. Insomma, una bella sfida.
Stamane mi sono chiesto se mi dispiace andarmene ai primi di ottobre. La risposta è stata...sì, mi dispiace.
Sono stati così tanti gli anni trascorsi in questo lavoro. E così tante le soddisfazioni. Se paragono la mia carriera a quella militare posso dire che a 21 anni ero caporale, a 23 maresciallo, a 25 tenente, a 32 colonnello, a 54 generale. Sono stato il primo direttore generale del mio Ente.
Ma la risposta è stata anche no.
Me ne vado volentieri e senza rimpianti, con la testa già altrove per vedere se in campi totalmente diversi posso fare, ancora, qualcosa di buono. Ci riuscirò? Chissà. Intanto, ci provo, male che vada...c'è sempre il mio podere: l'agricoltura ha bisogno di braccia!

 

sabato 11 giugno 2011


Stella di Vetro
 





È un segreto da poco, una stella di vetro
Ma puoi metterla sotto al cuscino
Lui le disse "Partiamo col buio
Non ha senso aspettare il mattino"


E la radio trasmette su frequenze lontane
Mentre guidano verso occidente
Che si lasciano il sole alle spalle
E la notte può durare per sempre


Fermati fermati, mio grande amore
Fermati e lasciati amare
Non c’è tempo ma il tempo non conta
E non conta saperlo aspettare


È una porta che sbatte per un colpo di vento
È una pietra da un cavalcavia
È tenere la tua mano un momento
È sognare di andarcene via


E la strada va, e la strada vola
E la strada torna e ritorna ancora
Fino a dove e quando e forse mai
Fino a quasi e sempre
E il prezzo di quello che perdi stanotte
È lo stesso di quello che hai


Non c’è niente che porta dalle parti del niente
Non lo so ma non serve parlare
Non ci sono risposte o domande
E capire può farci anche male


E nessuno li segue nella luce che cambia
Pochi fari nel retrovisore
Per due cuori lanciati in discesa
Come macchine senza motore


E la strada va, e la strada vola
E la strada torna e ritorna ancora
Fino a dove e quando e forse mai
Fino a quasi e sempre
E il prezzo di quello che perdi stanotte
È lo stesso di quello che hai

Pensami piano, pensami ancora
Pensami fino a soffrire
Quel che lasci lo perdi per sempre
Quel che cerchi non può mai finire

Mimmo Locasciulli





giovedì 2 giugno 2011



Si
vota ancora




Bene, non ci dimentichiamo i referendum, sono vicini e sono 4 perché c'è anche quello sul nucleare, confermato proprio oggi.
Gli ultimi referendum tenuti in Italia sono stati tutti vanificati dal mancato raggiungimento del quorum. Peccato, è la cosa peggiore, non sapere cosa pensino gli italiani su leggi importanti che agiscono sul loro ( nostro) presente e anche sul futuro. A prescindere dalla giustezza o meno dei propri convincimenti.
A suo tempo io votai a favore del nucleare, unico nella mia famiglia. ricordo che sia io che mia sorella avevamo le bambine piccole, c'era lo shock di Cernobyl, non si trovava più il latte, si diffidava delle verdure, di tutto. eppure ero sinceramente convinto che noi non dovessimo abbandonarlo. Perché allora eravamo all'avanguardia, perché le cd "energie alternative" non mi convincevano più di tanto, perché ero consapevole che una ottima generazione di ingegneri nucleari formati in Italia sarebbero stati costretti ad emigrare o a riciclarsi, perché...ci credevo, insomma.
Confesso di non aver ancora cambiato del tutto idea. C'è una fonte di energia grandissima, in Italia, a cui potremmo attingere. Ed è il risparmio energetico.
Se tutti stessimo attenti a consumare solo quanto basta potremmo vivere ugualmente bene senza starci a strologare su come e dove prendere l'energia. Gli sprechi sono tanti. L'altra domenica ero in campagna, ho chiamato mia moglie per chiederle se le andava di mangiare qualcosa insieme lì. Mi ha risposto di sì e che sarebbero venuti anche la figlia grande ed il fidanzato. Bene, sono arrivati, puntuali all'ora di pranzo come convenuto ma...ognuno con la sua macchina. Eravamo 4 persone e 4 macchine. Il che la dice lunga come siamo diventati noi italiani in questa società dei consumi.
Quando ero piccolo in famiglia eravamo in 5. Io mio padre, mia madre, mia sorella e nonna. Non ce la passavamo male, in casa c'erano 2 stipendi. Mio padre era un impiegato, nonna faceva la bidella perché pur essendo nata in una famiglia assai agiata la fortuna le aveva voltato le spalle rendendola vedova a 21 anni.  E quindi si era dovuta accontentare di quel modesto lavoro per non sottostare alla volontà della bisnonna che voleva farla rimaritare. All'epoca vivevamo in affitto pur possedendo una grande casa nel centro storico, quella dei bisnonni, loro avevano preferito abitare vicino alla piazza, comoda da raggiungere. Ma avevano un obiettivo, farsi una casa loro nella parte nuova del paese. Così avevano comprato un edificio grande e solido di fine 800 e piano piano lo stavano trasformando in casa. Non ci è mai mancato nulla in quegli anni, né a me né a mia sorella. Eppure la parola spreco...semplicemente non esisteva. Non esisteva che si lasciasse un rubinetto aperto, una lampadina accesa, un etto di pane o di verdura o di carne nella pattumiera. Mio padre ha comprato la prima automobile nel 67, a 45 anni e se l'è tenuta fino al 93. Io a 45 anni ne avevo consumate già 6 o 7, nemmeno mi ricordo. La prima vacanza al mare l'abbiamo fatta nel 68, ero già grande.
Quando 'ste cose le racconto alle mie figlie, che non sono stupide, anzi...vedo che quasi non mi credono. Non concepiscono l'idea di un mondo che cammini anche a piedi, di una casa che abbia meno di 2 bagni. A volte penso che la colpa sia mia, che avrei dovuto educarle diversamente, che non avrei mai dovuto comprare una casa che basterebbe per 10 persone e più.
Io penso che saprei tornare indietro, se dovesse servire, loro... non so, credo si troverebbero assai male. Ma poi vedo che più o meno anche i figli dei miei amici considerano irrinunciabili alcune cose che ai nostri tempi semplicemente non esistevano. Sono forse i tempi, i modelli proposti dalle tv...boh.
Ma siccome in natura nulla si crea a nulla si distrugge è certo che per mantenere certi standard di vita ci vuole l'energia. Che non è illimitata, che costa, che prima o poi finirà se non si trovano alternative valide. Penso che al momento l'unica alternativa valida al gas ed al petrolio  sia, ancora, quella atomica.
Però al referendum stavolta voterò SI, voterò per metterla al bando. Abbiamo perso un treno, tanti anni fa. Adesso, non vale più la pena, siamo troppo indietro, troppo spaventati. E confesso di essere anche pessimista. Lunedi tornavo da Caserta. A destra, su dei rilievi non lontani dall'autostrada si scorgeva un parco eolico imponente. C'era vento eppure le pale erano ferme. Alcuni dei miei vicini hanno speso 20.000 euro per ricoprire i tetti di pannelli solari. Adesso si sono accorti che per ripagarseli ci vogliono 20 anni. Dopodiché non si sa se tra 20 anni funzioneranno ancora e in che misura. Quando non funzioneranno più avranno il problema dello smaltimento. Non è nemmeno paragonabile allo smaltimento delle scorie nucleari ma è comunque un costo. Forse un giorno si troverà davvero la formula magica per avere energia in quantità, a basso costo e non rischiosa. Lo spero. Adesso però è così che la penso e lo devo dire.
Voterò SI, contro il nucleare, sperando che il mio pessimismo venga smentito, sperando che i nostri figli non dovranno tornare indietro, sulla strada del risparmio. ( che forse è un bene, a pensarci).
Voterò SI ai referendum sull'acqua perché penso che nessuno debba lucrare su un bene primario.
Voterò

 SI
per abolire il " legittimo impedimento"
ma questo...ça va sans dire.

sabato 28 maggio 2011


La mia sera, le mie sere


 



Questa è la sera che trovo uscendo dall'ufficio quando la piazza del Comune è vuota di gente e  si immerge nella atmosfera metafisica del razionalismo fascista.

 




 



E questa è la sera che mi coglie in campagna, andando via dal mio podere. Le rose sono quelle che piantò mio padre tanti anni fa e di questi tempi hanno una bellissima fioritura.
Io amo la sera, in ogni momento dell'anno ed in ogni luogo. Mi piace guardare il sole che tramonta sul mare ed anche quando tramonta dietro un picco in montagna. E non credo che sia perché mi ricorda la presente stagione. L'ho sempre amata, anche da ragazzo.
Un po' ho girato. L'ho vista, la sera, scendere sopra le piramidi a Gizah, sulla spiaggia di Miami, dietro le Torri gemelle, sopra la Senna e il Tamigi, sopra il Danubio che a Novi Sad sembra mare per quanto è largo, sopra Lisbona, Madrid, Barcellona, Valencia, Alicante, Praga, Lubiana Atene, Santorini...e l'elenco sarebbe lungo ancora. E spero di vederne tante altre ancora, in tutto il mondo che ancora non ho visto.
Ma queste, sono le sere della mia vita di sempre, quelle che amo di più. Le mie sere, nella mia sera.

 



 





 




 

martedì 17 maggio 2011








  



Rondel.



Si tu veux nous nous aimerons
Avec tes lèvres sans le dire
Cette rose ne l'interromps
Qu'à verser un silence pire
 
Jamais de chants ne lancent prompts
Le scintillement du sourire
Si tu veux nous nous aimerons
Avec tes lèvres sans le dire
 
Muet muet entre les ronds
Sylphe dans la pourpre d'empire
Un baiser flambant se déchire
Jusqu'aux pointes des ailerons
Si tu veux nous nous aimerons 
.
Stéphane Mallarmé  
 
 

 


 

mercoledì 4 maggio 2011


MCMXCIV-MMXI
 








Quando ci separammo,
fra silenzio e lacrime,
coi nostri cuori infranti,
lasciandoci per anni,
il tuo viso divenne freddo e pallido,
piu' gelido il tuo bacio;
in verita' quell'ora gia' annunciava
il dolore presente.
Se dopo tanti anni
ti dovessi incontrare, in che modo
potrei salutarti?
Con silenzio e lacrime"


GEORGE GORDON BYRON  
 

giovedì 21 aprile 2011


MMmm
MM

 



SCRITTO S





ULLA SABBIA
 




Che il bello e l'incantevole
Siano solo un soffio e un brivido,

che il magnifico entusiasmante
amabile non duri:
nube, fiore, bolla di sapone,
fuoco d'artificio e riso di bambino,
sguardo di donna nel vetro di uno specchio,
e tante altre fantastiche cose,
che esse appena scoperte svaniscano,
solo il tempo di un momento
solo un aroma, un respiro di vento,
ahimè lo sappiamo con tristezza.


E ciò che dura e resta fisso
non ci è così intimamente caro:

pietra preziosa con gelido fuoco,
barra d'oro di pesante splendore;
le stelle stesse, innumerabili,
se ne stanno lontane e straniere, non somigliano a noi
- effimeri-, non raggiungono il fondo dell'anima.


No, il bello più profondo e degno dell'amore
pare incline a corrompersi,

è sempre vicino a morire,
e la cosa più bella, le note musicali,
che nel nascere già fuggono e trascorrono,
sono solo soffi, correnti, fughe
circondate d'aliti sommessi di tristezza
perché nemmeno quanto dura un battito del cuore
si lasciano costringere, tenere;
nota dopo nota, appena battuta
già svanisce e se ne va.


Così il nostro cuore è consacrato
con fraterna fedeltà
a tutto ciò che fugge
e scorre,
alla vita,
non a ciò che è saldo e capace di durare.

Presto ci stanca ciò che permane,
rocce di un mondo di stelle e gioielli,
noi anime-bolle-di-vento-e-sapone
sospinte in eterno mutare.
Spose di un tempo, senza durata,
per cui la rugiada su un petalo di rosa,
per cui un battito d'ali d'uccello
il morire di un gioco di nuvole,
scintillio di neve, arcobaleno,
farfalla, già volati via,
per cui lo squillare di una risata,
che nel passare ci sfiora appena,
può voler dire festa o portare dolore.


Amiamo ciò che ci somiglia,
e comprendiamo
ciò che il vento ha scritto
sulla sabbia.


Hermann Hesse
da La felicità, versi e pensieri

 

giovedì 14 aprile 2011


Lapis Tiburtinus


 



Quello sullo sfondo è il Casale Bernini, sotto Tivoli e non lontano da casa mia, dal cui terrazzo si vede. Il pittore deve aver lavorato di fantasia o semplicemente in base ad un ricordo visivo perché in realtà le foto di oggi ce lo mostrano diverso
 





 



come pure in alto a destra sembra esserci un lago o addirittura il mare. In realtà è l'Aniene. Che è pure un fiume importante, per la sua storia, per la portata ma insomma, non è come si vede.
Il casale si chiama così perché vi alloggiavano gli operai che lavoravano per il Bernini ad estrarre il travertino. Tutte le opere in travertino di Bernini vengono da qui. tutta Roma viene da qui, da Tivoli e da Guidonia. Sono più di 2000 anni che lei mandiamo 'sta pietra e non le basta mai!
Le eccezioni sono poche, la più eclatante è l'Altare della Patria in marmo bresciano. Ma si sa, Zanardelli era bresciano ed evidentemente pure lui teneva famiglia...Comunque, che dire, dopo essere stato vissuto per decenni come un cazzotto in un occhio adesso pure l'altare della Patria si è ambientato a Roma..."hic manebimus optyme";)
Adesso il travertino viaggia sui Tir o in treno o in nave ( perché lo mandiamo in tutto il mondo, persino il Lincoln Center di NYC è fatto col nostro travertino).
I Romani preferivano farlo viaggiare su barconi che pian piano scendevano l'Aniene fino a Montesacro e poi il Tevere. Nel Medio Evo e fino all'800 viaggiava sulle "barrozze", l'enorme carro tirato da buoi che si vede nel dipinto  qui sopra. Verosimilmente ci metteva un giorno intero per superare i nemmeno 30 km di distanza da Roma.
Il travertino si forma per precipitazione sul fondo di un lago del carbonato di calcio contenuto nell'acqua. La nostra zona è ricchissima di calcare e di acqua. In presenza della faglia vulcanica da cui scaturiscono le Acque Albule fuoriescono acidi: solfidrico, carbonico ed altri che determinano i depositi di travertino. Il giacimento è enorme: circa 40 km quadrati, la maggior parte a Guidonia. E' una ricchezza immensa che però potrebbe esaurirsi presto perché molta parte di esso è stata occupata in superficie dagli abitati di Villalba e Villanova di Guidonia e da Tivoli Terme. Per aprire nuove cave bisognerebbe abbattere le case. Ma ci stanno più di 40.000 abitanti, ehm, un po' difficile.
Bene, adesso una delle più belle opere del Bernini, poi posto, perché tanto è solo una prova....

 




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mercoledì 30 marzo 2011


Come si cambia...
(a Picci)

 



Me la ricordo quella mattina di luglio di 40 anni fa, ricordo chi c'era davanti ed attorno a me, ricordo persino cosa pensavo in quel momento, a chi pensavo. E guardavo il mare Adriatico che era ancora così bello ed azzurro. Quaranta anni fa... Quando hai vent'anni è difficile concepire una lontananza così, nel tempo. Ti sembra un'enormità. Quarant'anni, pensi. E quando passano?
Passano. Accidenti se passano.
E ti lasciano addosso, sulla pelle, nella mente e nel cuore, un sacco di cose. Ti lasciano segni, ti lasciano volti, ricordi e perché no?...anche qualche rimorso.
Oggi non sono molto in vena. Anche se un po' mi sono rassenerato rispetto a questo pomeriggio mi sento ancora turbato, e molto.
Quando quello che ti succede, o succede alle persone che tieni care, non dipende da te ma sai che dovrai essere comunque tu a metterci una pezza, ci metti sempre un po' a pensare, ad elaborare la soluzione migliore.
Una soluzione c'è sempre, l'ho sempre trovata. E verrà anche stavolta.Ne sono sicuro.
Sono uscito dopo cena. Non avevo le sigarette e avevo molta voglia di fumare. O forse soltanto di stare solo. Ho trovato un bar aperto, c'erano soltanto degli stranieri. Uno che devo aver conosciuto per lavoro ha voluto offrirmi un caffè. Abbiamo parlato un po'. Quando sono andato via mi è sembrato giusto chiedergli il nome perché non me lo ricordavo.
Poi sono salito fino a Tivoli e mi sono seduto dietro le fontane a guardare la piana che degrada dolcemente fino a Roma ed oltre, ormai piena di case e di luci, senza soluzione di continuità.
E' il paesaggio che amo di più, la terra dove sono nato  e vissuto in tutti questi anni. Che mi ha cresciuto, che mi rassicura.
Mi piace viaggiare, lo faccio sempre con piacere e curiosità ma se penso ad un posto dove tornare, dove passare gli ultimi anni della vita e poi riposare per sempre è questo, è la mia terra.
Poi sono tornato a casa e mi è venuta voglia di scrivere.
Picci, questo post...l'ho presa alla lontana ma questo post è per te, che compi gli anni domani, tra poche ore.
Avevo promesso di scrivere un sonetto per il tuo compleanno. Perdonami, non mi sento in vena e quindi le parole le allineo così, come vengono vengono. Ma sono per te, mia giovane amica.
Mi era venuta un'idea, poco fa. Quella di dedicarti il collage di foto che aveva fatto Malika sei anni fa, con le nostre foto da bambini, ricordi? Era stato così divertente cercare di indovinare chi fosse quel bambino o quella bambina. Ma...
Ma il blog di Malika è ancora lì. Anzi ho visto che solo pochi giorni fa le hai lasciato un saluto. Una cosa molto bella da parte tua. Ancora ti manca. Ancora manca, un po', anche a me.
Però quella foto non c'è più. C'è il post, ci sono i nostri commenti divertiti e spensierati ma la foto non c'è più. Peccato.
Ho letto su limonami, hai scritto che domani per te sarà un giorno triste. Non crederci, non vederlo così. Anzi goditelo, fatti un regalo, divertiti.
Hai poco più di 40 anni, hai una professione che sicuramente padroneggi e ti piace. Hai tua madre, i fratelli, gli amici ( tra cui noi ) Hai tutta una vita davanti da godere e condividere con le persone che ami. Tra la tua età e la mia ci sono una ventina d'anni, in cui sarai nel pieno vigore. E anche dopo, sai, non è che a 61 si pensa di scrivere la parola fine. Ci sono tante cose, da fare, da vedere, da provare. Magari a 61 ti succederà un po' più di frequente di provare una botta di malinconia, come me, adesso. Ma poi passa e si pensa al domani che verrà, quale che sia. E poi domani e domani ancora, fin che le gambe ci portano. E se le gambe non dovessero portarci più, ad un certo punto...ci sarà sempre il web. Chissà come sarà, tra vent'anni. Magari si potrà limonare digitalmente hehehe.
Ecco, adesso è passata mezzanotte, quindi ci siamo. Sono curioso di vedere se è apparso il post che ha fatto alba, per te, forse con la complicità di Titti. A quest'ora dovrebbe essere apparso.
Con la sollecitudine che la contraddistingue aveva chiesto anche a me di dare una mano. Non l'ho fatto, non ho potuto ma pazienza, sono qui, a scriverti adesso, con affetto, cara ragazza.
E ti faccio tanti auguri, per questo compleanno e per tanti e tanti ancora. Vivrai quanto e più di zia Peppinella e quando avrai cent'anni penserai quanto eri giovane oggi addì 30 del mese di marzo dell'Anno del Signore MMXI.
Ti abbraccio, Nunzia
Con tutto il cuore, Alfonso

 




 

martedì 29 marzo 2011


pietra nera





Ci sono giorni da segnare con una bianca pietruzza
sono quelli luminosi, per il benessere, per le emozioni.
Poi ci sono quelli da segnare con una pietruzza nera
in cui ti senti qualcosa che ti opprime il cuore
e ti sembrano svanire gioia, speranza ed ottimismo.

Se mi volgo indietro a guardare il mio passato
quasi mi fa meraviglia di quanto sia grande
il mucchio delle pietruzze bianche e splendenti
e quanto sia piccolo quello delle pietruzze nere.

Al punto di chiedermi se mi sia meritato una vita così
o quantomeno di farmi dire " sono stato fortunato".
Ma oggi no. Oggi è un giorno nero, da segnare
con un sasso grosso, pesante, nero come il carbone.
Passerà...

sabato 26 marzo 2011


Nulla è veleno, tutto è veleno. Dipende solo dalla dose.
Paracelso





 

martedì 22 marzo 2011


Tanto pe’ postà…

 





 
Per caso mi è capitata sotto gli occhi la data in cui ho creato il mio profilo Caiovibullio su digiland. Era il 2001, quindi 10 anni fa.
Dieci anni in internet sono un’eternità almeno io la vedo così. A questi aggiungiamone altri quattro perché era il 1997, l’anno in cui morì mio padre, la prima volta che ebbi la connessione a casa, che incominciai ad esplorare questo mondo che già allora era vasto anche se non come adesso. Quanta gente si conosce, quanti pensieri si scambiano, quanti…sentimenti.
Dopo un paio di giorni che avevo la connessione qualcuno in ufficio mi disse che c’erano le chat. La sera pensai “ mo provo”. Digitai “ chat in italiano” su un motore di ricerca e mi apparse il link di Clarence.
Clerence non c’è più, da alcuni anni. Era una chat che a me piaceva molto, senza pvt, tutta in chiaro.
Con il modem a 36k prima ed a 56 dopo ci voleva un’eternità per fare il refresh di una pagina. Ma che bello. Lì, come un imprinting, ho conosciuto alcune persone che saranno sempre presenti alla mia mente. Alcune, anche nel cuore, sempre.
La prima persona che mi ha rivolto la parola in chat fu Artemisia.
Ricordo che era raffreddatissima quella sera, scherzammo un po’ con il raffreddore. Frasi magari banali ma che avevano il pregio di essere scambiate con questo nuovo mezzo, così affascinante.

Ah, intendiamoci, a me è sempre piaciuto parlare con la gente. Mi ha aiutato a vincere la timidezza abissale che avevo da ragazzo. A 21 anni avevo già il baracchino, la mitica radio trasmittente CB, con la quale, siccome il mio paese è in posizione elevata e scoperta, riuscivo a parlare con gente che si trovava in un raggio anche di 50 km. Un’enormità, allora.
Ma internet è un’altra cosa. Qui, a parte la differenza del fuso orario che a volte è un problema, si parla davvero con tutto il mondo. E così parlavo con Mati la canadese come pure con Cassy l’americano e con una ragazza australiana di cui non ricordo il nome e, ovviamente, tanti italiani ed italiane.
Cominciammo a scambiarci le mail, poi il telefono. Con alcuni ci siamo visti. Una volta soltanto o magari molte volte, a seconda delle possibilità o anche della volontà, positiva o negativa, di rivedersi.
Alcune delle persone cui sono più affezionato non le ho mai incontrate. Ma non è detto che non lo farò, uno di questi anni.
E con gli anni sono sicuro che qualche torto l’avrò anche fatto, qualcuno l’avrò anche subito ma sono altresì sicuro di aver ricevuto tanto dal tempo che ho trascorso on line, nelle chat, nelle ML, nei blog. Dal tempo e dalle persone, soprattutto. Perché bisogna avere sempre ben chiaro che chi sta aldilà della luce fredda del monitor è una persona umana, con la sua sensibilità, le sue aspirazioni le sue speranze, i suoi progetti di vita.
Alcuni meccanismi che scattano nelle chat e nelle ML non mi sono mai piaciuti: il fare branco nel dileggiare chi dimostra scarsa capacità culturale o magari grammaticale o sintattica. E poi le dietrologie, i pettegolezzi il “ chi fa questo o quello con chi” ecc. ecc.
Quando scoprii la prima volta che c’era un “dietro le quinte” della chat, che magari dopo che uno/a era uscito/a si scatenava il pettegolezzo, ci rimasi molto male.
Poi mi abituai a conviverci. In fondo basta fregarsene. O magari basta non appassionarcisi troppo.
Però su questo “ non appassionarsi” devo chiarire un po’. E questo mi riporta al titolo di questo post. Perché del blog mi importa mentre delle chat confesso che non mi importa più.
Io non faccio mai un post “ tanto per postare”.
Lo faccio sempre perché ho un pensiero che mi frulla per la testa. Magari pensando ad una sola persona, magari pensando solo a me stesso, ad una emozione del giorno ( o della notte ) ad un ricordo, a un sorriso, ad un sogno.
Ebbene sì. Alla mia non tenera età mi capita ancora di sognare, lo faccio  spesso e mi piace.
Sarà che sono sabino e si sa che i Sabini “ quod volunt somniant”
Oggi una funzionaria, una delle più brave, non riusciva a leggere un appunto frettoloso con il quale le avevo rimandato indietro un provvedimento che  avevo trovato incompleto. Mi è sembrata offesa e siccome ha quasi la mia età e ci ho confidenza le ho chiesto di passare dalla mia parte della scrivania per spiegarle quello che avevo scritto in modo minuscolo in un piccolo spazio del foglio.
Spiegato il concetto ha alzato gli occhi e siccome il mio pc ha uno schermo enorme non ha potuto non vedere i chupa chups di “ limonami” ( di cui tutto si può dire meno che non sono vistosi, eh  ).
Allora è scoppiata a ridere e mi ha fatto “ Alfò, che cavolo è sta cosa?”
E io “ Antone’, questa è ‘na cosa seria, nun ride, che te levo la P.O.!”
Ecco, il bello è che l’ho detto ridendo però è una cosa cui credo veramente. Questo nostro modo di comunicare…durerà, non durerà? Chi può saperlo. Io spero di sì. Però mi preme dire che fin che durerà, con tutta la sua leggerezza, con gli scherzi, con i sottintesi, con le iperboli, con le amichevoli prese in giro…per me sarà una cosa seria! J
Caio 

 

mercoledì 23 febbraio 2011


Chiamami ancora amore

 



 



 





 



 



e per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare

per il poeta che non può cantare
per l’operaio che ha perso il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un  deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendoci il pensiero



per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore



chiamami ancora amore
chiamami sempre amore
che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole



chiamami ancora amore
chiamami sempre amore
in questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo



chiamami ancora amore
chiamami ancora amore
chiamami sempre amore



perché le idee sono come farfalle
che non puoi togliergli le ali
perché le idee sono come le stelle
che non le spengono i temporali
perché le idee sono voci di madre

che credevano di avere perso
e sono come il sorriso di dio
in questo sputo di universo



chiamami ancora amore
chiamami sempre amore
che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole



chiamami ancora amore
chiamami sempre amore
continua a scrivere la vita
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
che è così vera in ogni uomo



chiamami ancora amore
chiamami ancora amore
chiamami sempre amore
chiamami ancora amore
chiamami sempre amore



che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole



chiamami ancora amore
chiamami sempre amore
in questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

chiamami ancora amore

 



Il Festival non l'ho visto tutto ma quel che ho visto mi è piaciuto. Sarà per un fatto generazionale, sarà perché ha la mia stessa, non tenera, età. Sarà che 30 anni fa abitavo a meno di un km da Gianni Morandi e lo vedevo spesso...sarà che mi sto facendo vecchio. Sarà che Benigni un po' mi ha commosso.
Sarà che mi è piaciuta la canzone che ha vinto.
Che è una canzone d'amore.
Ma non la solita canzone che canta un amore, felice o infelice, tra uomo e donna.
No.
Canta un amore per tutta l'umanità.
Anzi per quella umanità "normale" che vive ogni giorno della vita con fatica, non cercando scorciatoie, non prostituendosi sperando e credendo che una vita migliore si conquista con il lavoro, con lo studio, con la lealtà.
Grazie



 Il Festival

venerdì 18 febbraio 2011





Per Titti

 







Titti comparve nel mio blog un giorno
ma non ricordo ben che giorno fosse;
al suo commento ci girai  un po' intorno
chiedendomi se forse mi piacesse.

Mi ricordava un po' la Lisa di Livorno
sebben che tal ricordo da lungi provenisse.
Poi mi son detto: tu guarda che sorriso
togliamo il dubbio e via pure 'sto forse.

Amica mia toscana e divertente
amica cara, diretta e spiritosa,
amica nostra lieta e sorridente,

io leggo sempre la tua bella prosa
la leggo con piacere sorprendente
perché sei Titti e sei così briosa.

Amos



 

domenica 30 gennaio 2011


Parolaio Monticellese
sive
Cose di casa mia



 



Sabato 29 gennaio 2011 alle ore 17 nel Teatro Comunale “Dario Vittori” in via Cardinale Antonelli a Montecelio si è tenuta la presentazione del libro Parolario Monticellese di Filippo Greggi.



L’iniziativa si svolge in occasione del centenario dell’inaugurazione della pubblica illuminazione a Montecelio (29 gennaio 1911).



Dopo il saluto del Sindaco di Guidonia Montecelio sono intervenuti: Ugo Vignuzzi, Accademico della Crusca, Vincenzo Luciani, poeta in lingua e in dialetto, Alfonso Masini, studioso di storia locale, Maria Sperandio, Gruppo Archeologico Latino.



Quest’ultima opera di Filippo Greggi, frutto di un lavoro decennale, consiste in: un articolato dizionario monticellese / italiano con allegate due appendici relative ai giochi per ragazzi e a centinaia di personaggi caratteristici del paese ricordati dalla memoria popolare. 



Il mio intervento



Sono qui prima di tutto per testimoniare affetto e stima verso Filippo Greggi, nati sui banchi delle elementari e mai venuti meno.
Ho visto con piacere che ha pubblicato nel Parolaio una foto della nostra classe alle medie,  era 50 anni fa. E questo rende inevitabile una riflessione sul tempo che passa, su come si cambia, su come si invecchia.
All’invecchiamento non c’è scampo. O meglio, ce n’è uno solo: morire giovani. Ma insomma, va da sé che è un rimedio peggiore del male. La passata gioventù non si recupera, non si compra, non si baratta, nemmeno con l’anima, propria o altrui e chi non si rende conto di questo va incontro al ridicolo ed alla riprovazione della gente.
Ma ci sono alcuni vantaggi nell’invecchiare perché a fronte della naturale decadenza fisica si può anche migliorare. Migliorare nell’esperienza, nella saggezza, nella capacità di capire gli altri, le cose del mondo e relazionarsi con loro.
E’ parecchio tempo che Filippo si cimenta nello studio della lingua e della tradizione monticellese, seguito ed incoraggiato da tutti noi. Ed ha sempre migliorato e questo libro di cui parliamo stasera ne è la testimonianza evidente. Ci ha messo passione, cura, pazienza, curiosità…amore. Il risultato è sotto gli occhi di tutti ed è un libro utile, ben curato, con una bella veste grafica. Ed è divertente.
Qualsiasi persona con un minimo di cultura sa che il dono della parola ancor più della postura eretta e del pollice opponibile è alla base del successo della specie homo sapiens sapiens sulla faccia della terra.
Per i credenti la parola è ciò che più abbiamo di divino come testimonia il Vangelo del nostro Santo Protettore Giovanni:
In principio erat Verbum et Verbum erat apud Deum et Deus erat Verbum.
Le parole dei dialetti non sono meno importanti delle parole consacrate nelle grandi koiné letterarie. Certamente, non tutti i dialetti hanno avuto il loro Carlo Porta o il loro Giuseppe Gioacchino Belli ma noi siamo stati fortunati: c’è poesia monticellese, come è stato qui ricordato, c’è letteratura monticellese, c’è storia monticellese. Ci sono e ci saranno ancora perché i semi del passato hanno prodotto buone piante. E ci sono studiosi ed autori prolifici, come Filippo e la cerchia di coloro che io considero tra i miei migliori amici.
Il mondo, la società, le lingue, stanno cambiando vertiginosamente ed il punto cruciale di questo cambiamento alcuni studiosi lo vedono nella distinzione tra immigrati digitali e nativi digitali.
Niente è più come prima dopo l’avvento di internet. Le idee, le immagini, i media di qualsiasi tipo viaggiano ormai senza confini ad una velocità pazzesca, impensabile fino alla fine del 900. Con questo nuovo strumento quelli della mia generazione si sono misurati a volte con piacere e con qualche risultato ma sempre con fatica. I giovani no. E’ il loro mondo, ci sono nati e costituisce il mezzo e la fonte principale del loro relazionarsi.
E questo li rende diversi da noi.
Bisogna forse avere paura dei cambiamenti? No, io dico di no. Però bisogna essere pronti ad affrontarli, avere i mezzi per affrontarli.
La nostra generazione, Filippo, noi che non siamo ancora vecchi ma ci stiamo avviando per quella strada, è stata assai fortunata. Abbiamo vissuto il più lungo periodo di pace e di prosperità che l’Italia abbia mai avuto dall’età degli Antonini. Abbiamo raccolto i frutti che faticosamente i nostri laboriosi genitori avevano seminato, abbiamo avuto buoni maestri e li abbiamo posti a modelli di vita. E non ci è andata male.
Adesso ci rimane un debito morale e d’onore: Far sì che queste nuove generazioni così tecnologiche, così veloci, così bombardate da una massa indistinta ed immensa di comunicazioni non perdano la bussola del loro divenire e non si trovino smarrite.
Dobbiamo trasmettere loro la cultura di chi ci ha preceduti, far sapere come era fatta la coppa con la quale i loro avi attingevano alla fonte della vita affinché sviluppino l’amore ed il senso di appartenenza per queste antiche pietre. Lo dobbiamo anzitutto a loro perché siamo noi che li abbiamo messi al mondo e poi lo dobbiamo a chi ci ha preceduto, a chi ha creato prima di noi la bellezza di questo paesaggio, dei monumenti, della nostra lingua.
Il nostro Paese ma anche l’Europa, sta vivendo un periodo difficile e questo è sotto gli occhi di tutti. Tempo fa al mercato a Guidonia ho comprato un apparecchietto che si connette al pc tramite la porta usb ed ha una ventina di terminali a cui possono essere attaccati telefonini, pc, macchine fotografiche, ecc.. L’ho pagato 2 euro, il costo di 10 sigarette. Ovviamente è cinese. Il che significa che qualcuno l’ha fabbricato, in Cina, che qualcun altro l’ha portato in Italia, l’ha dato al grossista, il grossista l’ha dato all’ambulante marocchino e questo l’ha venduto. E tutti ci hanno guadagnato. Sul piano industriale, fino a quando nel mondo ci sarà una massa sterminata di persone che lavorano per meno di un dollaro l’ora in condizioni di lavoro insalubri, noi saremo perdenti. Non abbiamo petrolio, non abbiamo altre materie prime.
Però abbiamo, in quantità, delle cose difficili da copiare: la bellezza del paesaggio, i monumenti, le opere d’arte, la letteratura, la poesia, la immensa cultura che ci hanno tramandato i nostri avi così geniali.
Ed è l’amore ed il rispetto per queste cose che dobbiamo trasmettere ai giovani affinché le valorizzino ancora meglio di quanto abbiamo saputo fare noi e ne facciano la fonte del loro benessere e della loro vita.
Tu Filippo, con il tuo studio, con la tua passione, con questo libro, lo stai facendo e tutti noi te ne siamo grati.
Alfonso 

 







 

lunedì 24 gennaio 2011


JONATHAN SWIFT SOMERS
E.L.Masters



After you have enriched your soul
To the highest point,
With books, thought, suffering,
the understanding of many personalities,
The power to interpret glances, silences,
The pauses in momentous transformations,
The genius of divination and prophecy;
So that you feel able at times to hold the world
In the hollow of your hand;
Then, if, by the crowding of so many powers
Into the compass of your soul,
Your soul takes fire,
And in the conflagration of your soul
The evil of the world is lighted up and made clear --
Be thankful if in that hour of supreme vision
Life does not fiddl 
e




 

lunedì 17 gennaio 2011


Bon voyage

 







 




 



Hai visto, sei tornata, è stato facile
ed ero qui, ancora al tuo cospetto.
Hai visto, sei tornata, è stato bello
ma questo lo sapevo e lo sapevi.
Hai respirato sopra la mia bocca,
 il tuo seno sfrontato  ho accarezzato.

E non mi hai chiesto se mi sei mancata
e non ti ho detto se ti ho aspettato.
Però ti ho detto che amo la tua pelle
e tu che non disdegni le mie labbra.
Poi non c'è stato bisogno di parlare.
A cena sorridevi,  ed hai bevuto vino,
io sorridevo toccandoti la mano.
Sei andata via un po' come la nebbia.
Io sono qui, nel caso torni ancora.

Amos Farmer

 




 



 

martedì 4 gennaio 2011


Orazio, la Sabina e...
come prendere la vita



 







 



 Carm., I, 9



Vides ut alta stet nive candidum
Soracte nec iam sustineant onus
silvae laborantes geluque
flumina constiterint acuto.
Dissolve frigus ligna super foco
large reponens atque benignius
deprome quadrimum Sabina,
o Thaliarche, merum diota.
Permitte divis cetera, qui simul
stravere ventos aequore fervido
deproeliantis, nec cupressi
nec veteres agitantur orni.
Quid sit futurum cras fuge quaerere, et
quem Fors dierum cumque dabit, lucro
adpone, nec dulcis amores
sperne puer neque tu choreas,
donec virenti canities abest
morosa. Nunc et campus et areae
lenesque sub noctem susurri
composita repetantur hora,
nunc et latentis proditor intimo
gratus puellae risus ab angulo
pignusque dereptum lacertis
aut digito male pertinaci.

 













 




Odi, I, 9

Laggiú si staglia il Soratte, vedi?,
con candido manto di neve.
Stremati, faticano i rami a reggere il peso.
Per il gelo tagliente, fiumi e ruscelli si sono rappresi.
Dissolvi il freddo nutrendo la fiamma con larga   
provvista di ceppi e senza risparmio
attingi, Taliarco, vino di quattr'anni,
puro, dall'orcio sabino a duplice ansa.
Il resto, rimettilo in mano agli dèi: bastò
che abbattessero i venti in lotta sul gran ribollire
marino, perché d'incanto i cipressi
non piú s'agitassero, e gli orni vetusti.
Che cosa t'attenda in futuro, rinuncia a indagare:
qualunque altro giorno t'aggiunga il destino,
tu devi segnarlo all'attivo.
Sei giovane, non disprezzare gli amori gentili, le danze,
fin tanto che il tuo verdeggiare rimane lontano da uggiosa
canizie. Il campo sportivo, adesso, e le piazze,
e sull'imbrunire, allora che s'è concordata,
di nuovo uno scambio di dolci sussurri   
e il riso che, lieto zampillo, tradisce la giovane
donna appiattata in un angolo oscuro
e, pegno d'amore, il monile, sfilato da un braccio,
da un dito che solo per finta rilutta.