mercoledì 14 dicembre 2005

omaggio a Duecento


Trascrivo qui sotto uno scritto del mio amico Duecento, me lo ha mandato giorni fa, mi è piaciuto e gli ho chiesto se potevo pubblicarlo qui.


Appropo', 200 ha fatto una chat, in cui ci siamo ritrovati, un po' di amici della diaspora di Clarence. Se vi va, visitatela, ecco il link


http://clavence.altervista.org/chat/index.php


Kurt, Albert e il barbiere

 




 




 



Negli anni 30 la democrazia nel vecchio continente era diventata un giocattolino rotto di un bambino schizofrenico. Si chiamava Adolfo.

 



Gli uomini di scienza teutonici, ma non solo, che ne ebbero possibilità emigrarono negli Stati Uniti.

 



Fu il caso di tali Kurt Gödel e Alberto UnaPietra, volgarmente noto come Albert Einstein, che trovarono asilo e lavoro presso l'Università di Princeton dove insegnavano al Dipartimento di Studi Avanzati.

 




 



Ogni giorno, al termine delle lezioni, il piccoletto trentenne Kurt saliva nello studiolo dello scompigliato ultracinquantenne Albert per tornare insieme alla casa di quest'ultimo. Durante il tragitto i due discutevano e scherzavano di filosofia , logica e fisica confrontando le proprie esperienze: Albert era molto interessato alle teorie di Kurt che annaspava cercando di spiegare la matematica con lo stesso linguaggio: la matematica e, calandole nel quotidiano, gli faceva domande tipo: "se atesso attrafersare un ciclista su strisce petonali noi petoni potere attraversare senza cenerare un paratosso?" e l'irascibile Kurt, dopo aver risposto nervosamente, faceva domande sulla relatività che, pur avendola studiata a fondo, gli lasciava alcuni dubbi esistenziali tipo: "se io preparare i knodeln fritti e poi fare roteare furiosamente alla felocità della luce topo quanto tempo ritornare crudi?".

 




 



Tutti i giorni, nel loro tragitto, passavano davanti all'oscura e squallida botteghina del barbiere Barrett sulla cui vetrina era esposta un'insegna ingiallita e consunta recante il seguente testo: "Barrett rade tutti e soltanto gli uomini che non vogliono radersi da se". Tante e tante volte la strana coppia era passata davanti a quella bottega senza notare l'insegna, tant'erano presi nei loro discorsi.

 




 



Un giorno, il basso e lo spilungone stavano discutendo così animatamente che, per chiarire meglio ognuno la propria posizione, si fermarono. Uno di fronte all'altro. Gesticolavano ed erano rossi in volto. Kurt era rivolto verso la strada e Albert verso il palazzo, si trovavano esattamente di fronte alla vetrina del barbiere Barrett.

 



Albert tacque all'improvviso e fece segno di chetarsi a Kurt, poi lesse ad alta voce: "Barrett rate tutti e zoltanto gli uomini che non voghliono raterzi da se". Uhm - commentò subito dopo - cosa ne tice Kurt?

 




 



Kurt rifletté qualche istante ed escamò: "Povero Barrett - pausa pregna di commiserazione - chi rade il povero Barrett?".

 



Infatti Barrett non può radersi da solo: in tal caso non raderebbe solo gli uomini che non si radono da soli. Ma non può nemmeno farsi radere da un'altra persona: in tal caso non raderebbe tutti quelli che non si radono da soli, essendo lui uno di questi.

 




 



Kurt, sbiancando, ammutolì. No, non era rattristato per le sorti del povero Barrett, non era sorpreso dal suo volto liscio ma non glabro. Piuttosto nella sua mente s'era accesa una lucina, o forse s'era acceso un buio, un buio profondo che assorbe ogni luce, un buco nero che rappresenta la sintesi di anni di studi, di tautologie, di asserzioni, di deduzioni.

 



Il teorema di incompletezza. La sintesi.

 



Se cerco di spiegare una teoria matematica con i teoremi di quella teoria riesco a dimostrare un'infinità di teoremi non veri all'interno di quella teoria. Appartengono alla teoria perché li ho spiegati con strumenti interni alla teoria ma contemporaneamente non sono veri. Fu una delle scoperte più importanti del XX secolo con implicazioni enormi: Valeria Marini è un essere umano, ma gli esseri umani sono dotati di intelligenza. Lei è l'anello mancante, appartiene al genere umano pur non essendo dotata d'intelligenza.

 



La verità viene svuotata di quel significato che ha avuto per millenni: se una cosa è dimostrabile, non è detto che sia vera. Tremonti ha dimostrato che la finanziaria funziona: non è detto che sia vero.

 




 



E viiiiiiiiiiiiiiia! Catapultati tutti insieme in questo teomorfo ammasso pensante pulsante che è l'universo indecibibile dove la certezza è il dubbio e la verità è una piccola fragile crisalide smunta personale privata che folle folli di esseri sconnessi difendono ringhiando viiiiiiiiiiiiia.

 



Poveri, figli delle certezze andate non esiste. Non esiste più la verità ma solo piccoli o grandi o medi dubbi come le birre bionde o rosse o scure che siano come le donne sempre belle affascinanti misteriose viiiiiiiiiiia.

 




 



Gödel, il teorema dell'incompletezza e la teoria dell'indecibilità non mi hanno tolto una risorsa ma me ne hanno regalata una nuova. Il dubbio. E il mio essere piccolo più del nulla acquista senso perché non è più definitivo.

 




 




 



E Barrett? Kurt soffriva ogni volta che passava davanti a quella bottega, finché un giorno si decise ed entrò: "mi scuzi, sighnor Barrett, accanto a cvell'inzegna tovrebbe mettere una con scritto: Barrett essere esonerato dall'asserzione scritta zu altra insegna".

 



Barrett annuì col capo e, non appena Kurt scomparve dietro l'angolo dell'isolato, levò la sua consunta insegna.

 




 




 



Nota: il paradosso del barbiere fu in realtà formulato da Bertrand Russel nel 1918.


 

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