domenica 20 novembre 2005

Sesta puntata. Lo faccio per incoraggiarmi, visto che i miei tre lettori non si sono fatti vivi:) buona serata, buona giornata, Caio


Così nel gennaio del 1928 una squadriglia composta da tre velocissimi Savoia Marchetti SM 79 sparviero, nella versione CS corsa compiono senza problemi rilevanti la trasvolata da Guidonia a Rio percorrendo la distanza in poco più di 24 ore, escluso il tempo della sosta tecnica a Dakar.


 


 Nello stesso mese di luglio 1928 il Cap. Guazzetti del Centro Sperimentale compie il Raid Roma-Londra-Berlino-Roma.


Il 21 febbraio 1930 il pilota Renato Donati ed il motorista Campanili stabiliscono il primato mondiale di quota con 6.782 metri con un aeroplano Fiat AS1.


Lo stesso Donati migliora il suo record l’11 aprile 1933 portandosi a 14.443 metri. Dopo un breve periodo il record di Donati venne superato dall’inglese Swain. Tocca allora al Ten. Colonnello Mario Pezzi riportare in Italia il record: il 7 maggio 1937 Pezzi raggiunge la quota di 15.230 metri a bordo di un Caproni CA 161.


L’anno successivo, il 22 giugno 1938 Pezzi chiude definitivamente la partita del record d’altezza per aeroplani ad elica con un aeroplano simile a quello dei suo precedente record ma opportunamente modificato: il Caproni CA 161 bis.


Il record infatti gli era stato tolto dopo appena un mese, nel giugno del 1937, dall’inglese Adam che si era portato a 16440 metri.


Consapevoli di essere vicini ai limiti massimi dell’altezza raggiungibile da un aeroplano ad elica, gli specialisti di Montecelio (ma ormai si era affermato il nuovo nome di Guidonia) si erano preparati meticolosamente.


Esiste un filmato famoso che riprende le varie fasi della preparazione e della realizzazione del record di Pezzi: nulla venne trascurato, dall’elica a quattro pale di cui venne dotato il CA 161bis per aumentare la presa sull’aria rarefatta al controllo delle condizioni fisiche del pilota, alla cabina pressurizzata, antesignana di quella dei moderni jet militari e civili.


Come giustamente mette in rilievo l’Aeronautica Militare nel suo sito internet “l’attività non fu limitata soltanto al lato sportivo del volo rappresentato dalla conquista di primati, ma si concretò nello studio, nella sperimentazione e nella realizzazione di numerosi congegni ed accorgimenti tecnici atti alle esigenze del volo in quota”.


La quota raggiunta da Mario Pezzi fu di 17.083 metri. Nessuno al mondo, dopo di lui, ha fatto di meglio con un aeroplano ad elica.


Da questi studi ed esperimenti di Guidonia Montecelio derivarono anche altri primati: nell’aprile 1937 il Capitano Stoppani conquistò a Monfalcone il record di altezza per idrovolanti con 10.000 chilogrammi di carico, con un Cant. Z.508 che raggiunse la quota di 4.863 metri; sempre a Monfalcone Stoppani e Di Mauro nel novembre 1937 realizzarono il record di altezza per idrovolanti con 2000 kg di carico (metri 8951), con 5.000 kg di carico (7.140 metri) e con 500 kg di carico (9.190 metri); nell’agosto del 1937 i mitici “Sorci Verdi” di Guidonia conquistarono il primo, secondo e terzo posto nella prestigiosa gara internazionale Istres-Damasco-Parigi; nell’agosto del 1939 l’equipaggio Tondi-Dagasso-Vignoli conquistò il primato mondiale di distanza in circuito chiuso (km 12.933,770) con l’aereo Savoia Marchetti 82.


Come non ricordare poi i due primi aerei a reazione italiani sperimentati proprio a Guidonia Montecelio? Il primo era il Caproni con “elica intubata” dell’ing. Stipa che, occorre dirlo, destò anche qualche perplessità e non poche ironie. Il monoplano sperimentale Stipa-Caproni, denominato "aereo botte", effettua il primo volo il 7 ottobre 1932. I collaudi vengono spostati poi a Montecelio presso il Centro Studi ed Esperienze. Il progetto in seguito non trova realizzazione perché, pur avendo avuto buoni risultati, essi non erano tali da spingere per uno sviluppo degli esperimenti. Dei suoi voli a Montecelio esistono anche documenti filmati.


Il secondo, l’aereo a reazione Campini Caproni, sperimentato tra il 1941 ed il 1942, che collegò Milano a Guidonia il 30 novembre 1941, piloti De Bernardi, Pedace. Anche questo tipo di aeroplano non ebbe sviluppi successivi.


 Invece proprio a partire dagli anni 30 si sviluppò il grande progetto che ha consegnato il nome di Guidonia Montecelio alla imperitura storia della Aeronautica mondiale: la costruzione del Centro Studi ed Esperienze e la fondazione di Guidonia, la “Città dell’Aria”, la Cape Canaveral degli anni Trenta.


E’ veramente strano dover constatare come per lunghi anni, dopo la fine della seconda guerra mondiale, una specie di profondissimo oblio sia sceso sui grandi impianti scientifici di Guidonia, un oblio reso fisicamente tangibile dalle macerie e dalla fitta vegetazione che via via avevano ricoperto i ruderi storici dei grandi impianti del Centro Studi ed esperienze, al punto che percorrendo la via Cristoforo Ferrari oppure andando per ferrovia a Tivoli il viaggiatore distratto poteva equiparare questi ruderi a quelli di cui è costellata la campagna romana: tombe, acquedotti, ponti e strade che rimandano ad un passato tanto glorioso quanto remoto.


E lo stesso Monumento sepolcrale dell’Eroe eponimo di Guidonia, il Gen. Alessandro Guidoni ha subito la stessa sorte. Era stato Italo Balbo a volere che Guidoni fosse sepolto là dove era caduto il 27 aprile del 1928. Nelle intenzioni di chi l’aveva progettato e costruito esso doveva stagliarsi  solitario come la tomba di un “tribunus militum” dell’antica Roma, volendo riassumere in sé la forza tranquilla, la grandezza, l’austerità, il silenzio della campagna romana ed in questa forma tramandare ai posteri il carattere dell’Estinto.


Nel momento in cui la Città ha cominciato a crescere e ad espandersi lungo via Roma ci si sarebbe almeno aspettato che la tomba di Guidoni fosse rimasta al centro di una grande piazza.


Invece è stato dissennatamente consentito che due squallidi palazzoni si elevassero a pochi metri di distanza, nascondendolo alla vista di chi entra od esce da Guidonia.


Ci si chiede se non sarebbe meglio, non potendo abbattere gli edifici privati, trasferire il Monumento in un luogo più consono, ad esempio all’interno dell’Aeroporto.


Ed è anche difficile parlare compiutamente di quello che fu il Centro Studi ed Esperienze di Guidonia non essendo degli specialisti.


Per chi volesse approfondire la materia fortunatamente sono oggi a disposizione alcune opere importanti. Ne citiamo alcune:


Per gli aspetti giuridici e di organizzazione militare si può consultare ad esempio il volume “TECNICI IN UNIFORME AZZURRA” di Francesco Vadalà edito dall’Aeronautica Militare, Corpo del Genio Aeronautico, Roma 1990.


Per gli aspetti urbanistici e per l’inquadramento del complesso aeronautico di Guidonia nel panorama architettonico dell’epoca viene in aiuto il pregevole volume di Mariano Ranisi, “l’Architettura della Regia Aeronautica” edito dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica  in Roma, 1991.


Sull’attività scientifica svolta a Guidonia nei brevi anni di vita dei suoi impianti è stato uno studioso che ha vissuto in prima persona quella fantastica esperienza: il prof. Bernardino Lattanzi, ad accendere un faro con il suo volume “Vita ignorata del Centro Studi ed Esperienze di Guidonia” edito dall’Istituto Bibliografico Napoleone nel 1990.


Quello che invece non è difficile cogliere, per chiunque, è lo spirito che pervase le persone che vollero costruire il Centro e che vi lavorarono: la capacità di guardare avanti, di intravvedere sempre nuovi traguardi per la ricerca, andando anche molto al di là, con la teoria scientifica e con la sperimentazione, di quello che d’altro canto poteva realizzare l’industria italiana in quel momento.


Gli edifici delle Gallerie del Vento sono quelli che hanno dato maggiore fama a Guidonia ed anche, purtroppo, quelli che maggiormente hanno subito le offese degli uomini e del Tempo, assieme alla grande Vasca idrodinamica.


Essi facevano parte della Sezione Aerodinamica e fin dall’inizio ebbero tra i loro addetti il fiore degli scienziati italiani.


I bombardamenti americani, le razzie della popolazione, e dei Tedeschi, il recupero dei materiali di spoglio da parte della stessa Aeronautica e persino i tentativi di demolizione susseguitisi nel dopoguerra non hanno potuto domare quei poderosi edifici che conservano ancora un fascino indelebile.


Lo scrivente ha vissuto in prima persona, per esserne stato l’organizzatore ed il coordinatore di parte comunale, alcuni eventi che hanno comportato la visita dei Ruderi storici e della Pista di volo dei Primati..


Nel 1985 in occasione del Cinquantenario del Centro Studi e della posa della Prima Pietra di Guidonia fu organizzato un raduno di militari e civili che avevano lavorato nel Centro.


Tra il 1987 ed il 1988 venne celebrato il Cinquantenario della costituzione del Comune: il 9 maggio 1988 in Florida venne celebrato il Gemellaggio tra Guidonia “Città dell’Aria” e Cape Canaveral “Città dello Spazio” e nell’autunno dello stesso anno identica cerimonia fu ripetuta a Guidonia, alla presenza del Sindaco di Cape Canaveral Patrick Lee, del Sindaco di Guidonia Montecelio Giovan Battista Lombardozzi e di numerosissime Autorità Civili, Militari e Religiose.


Nel 1997 un intero equipaggio di Astronauti dello Shuttle, ospiti del Comune di Guidonia Montecelio e dell’Aeronautica Militare italiana fece visita agli impianti di Guidonia e rese loro un ammirato  omaggio.


Tra il 2000 ed il 2001 un gruppo di lavoro misto, comprendente autorevoli rappresentanti della Aeronautica Militare, esperti di aviazione ed urbanisti ha lavorato ad un piano di fattibilità per la realizzazione di un Parco dell’Aria il cui fulcro è stato individuato nell’area aeroportuale dei Ruderi storici.


In ognuna di queste occasioni, al cospetto di quelle maestose testimonianze, la mente di tutti i visitatori, scienziati, militari, politici, semplici cittadini  è rimasta colpita ed ammirata al pensiero che veramente qui a Guidonia negli anni Trenta vi era il meglio di quanto la tecnologia e la scienza aeronautica potessero offrire per il progresso dell’umanità.......segue


 

3 commenti:

fenicevoices ha detto...

aiutooooo;-)

caiovibullio ha detto...

evvabbeh, dai, c'è di peggio;) se vuoi ti posto uno dei miei sonetti in dialetto metafonetico dell'Italia centrale, con influenze napoletane, sicule, greche e persino ebraiche. Che ne dici? hehehe

fenicevoices ha detto...

al peggo non c'è mai fine ;)