sabato 19 novembre 2005

quinta puntata. Riusciranno i nostri eroi a librarsi ancora in volo? Dopo la Grande Guerra l'aeroporto di Montecelio sembra destinato a scomparire. Non servono più tanti piloti e a Roma ci sono altri aeroporti....vedremo.


 


La fine della guerra segna anche la fine della prima fase del Campo di Montecelio: l’attività addestrativa e di volo viene rapidamente calando, fino ad essere soppressa.


Gli aerei in efficienza restano  pochissimi, gli altri diventano rapidamente rottami; spariscono le centinaia di allievi, si affievolisce il rombo dei motori.


L’unica Attività presente al Campo, in quei brevi anni di decadenza fu quella del raggruppamento Aerocostiero e Dirigibilisti di Roma, assieme ad un minimo di sperimentazione attuata dalla Divisione Sperimentale dell’Aviazione Militare, che era stata istituita nell’aprile dello stesso anno.


La rivoluzione Fascista portò in Italia cambiamenti profondi e radicali nella politica, nella società,nell’economia, nella organizzazione dello Stato.


Con una serie di Regi Decreti e provvedimenti correlati emessi nel 1923 tutta la Pubblica Amministrazione venne riorganizzata ed ancora di più le Forze Armate.


 A gennaio venne emanato il nuovo ordinamento dell’Esercito e, con R.D. del 28 marzo “per unificare tutte le forze aeronautiche in un’unica entità tecnica, professionale ed amministrativa, ordinata in un’unitaria economia di indirizzo e di organi”, venne costituita l’Aeronautica come Arma a se stante con le sue varie Direzioni Superiori e Specialità.


Nel 1923 dunque finiva in Italia l’epoca dei primi pionieri aeronautici e l’Aeronautica  cessava di essere considerata come una specialità del R. Esercito e della R. Marina.


Abbiamo visto quali fossero le idee di Italo Balbo e del Fascismo riguardo all’importanza futura dell’Aeronautica.


Mussolini stesso, che conseguì il brevetto di volo a Montecelio, ne era il principale assertore, al punto che come Capo del Governo, dopo aver costituito il Ministero dell’Aeronautica nel 1925, lo diresse personalmente. Ben presto queste idee si concretizzarono e l’aeroporto di  Montecelio (in seguito Guidonia) ebbe un ruolo importantissimo nella realizzazione del progetto.


Nel 1923 arriva a Montecelio un personaggio che legherà per sempre il suo nome alla nostra storia ed al nostro territorio:Alessandro Guidoni.


Non sappiamo se Guidoni fosse stato a Montecelio prima del 1023. Probabilmente si, visto che nel 1918 a Roma rivestiva il grado di Maggiore del Genio navale e l’incarico  di Direttore dell’Ufficio Studi e Sorveglianza e delle prove degli apparecchi sperimentali


Del Generale Alessandro Guidoni, Eroe eponimo di Guidonia, illustre scienziato conosciuto anche all’Estero, amico di Cesare Balbo e stimatissimo da Benito Mussolini, esistono almeno due biografie: una scritta a pochi anni dalla morte dal suo carissimo amico e collaboratore Guido Buggelli, l’altra, veramente ponderosa, scritta dal prof. Bernardino Lattanzi, uno dei più valorosi giovani ufficiali tecnici operanti a Guidonia sul finire degli anni ’30, autore anche di una importantissima opera di divulgazione. Noi, per necessità di sintesi riportiamo integralmente quella pubblicata su internet dalla Aeronautica Militare Italiana:



 



 Alessandro Guidoni nasce a Torino il 15 luglio 1880; nel luglio del 1900 è arruolato come soldato di leva e posto in congedo illimitato per motivi di studio. Si laurea in ingegneria industriale con il massimo dei voti presso il Politecnico di Torino e nel 1905 in ingegneria navale a Genova; nel 1903 consegue anche il brevetto di elettrotecnica presso il Ministero della Marina e nel 1913 quello di specializzazione su motori a scoppio. Divenuto tenente del Genio Navale, è capitano nel 1907; fra il 1909 ed il 1911 è a La Spezia dove ricopre incarichi soprattutto di ricerca, ma anche di sperimentazione su aeroplani ed idrovolanti (nell’agosto del 1911 diventa pilota di aeroplani e nel giugno di 1912 pilota di idrovolante). Partecipa alla Guerra di Libia presso la Squadriglia di Moizo a Tripoli ed al ritorno in Italia viene trasferito a Venezia come capo reparto costruzioni aeronautiche e riparazioni, nonché (dal 1913) come pilota istruttore della Squadriglia Idrovolanti.  Nel 1914 è a Taranto come capo del reparto riparazioni e costruzioni aeronautiche e nel 1915 comandante della Squadriglia Elba. Promosso maggiore nell’ottobre del 1916, dallo stesso anno è a capo del reparto costruzioni e riparazioni aeronautiche della Squadriglia Sant’Andrea di Venezia, effettuando anche collaudi di apparecchi sperimentali. Fino al 1922 progetta svariati modelli di idrovolanti (nel 1919 tiene lezioni di costruzione di idrovolanti presso il Politecnico di Torino), ma anche un aeroplano ed un elicottero. Nel 1919 ottiene anche due medaglie d’oro del Ministero della Marina come riconoscimento per le ricerche da lui effettuate in campo aeronautico; nel 1921 riceve un encomio ed è nominato aiutante di campo onorario del re (dal 1926 aiutante generale). Nel 1918 diviene Ispettore di Aeronautica e capo dell’Ufficio studi di Roma e partecipa a missioni all’estero: come delegato tecnico per l’Aeronautica al Comitato interalleato di Parigi, come membro alla commissione aeronautica di controllo a Berlino e come delegato italiano alla redazione della convenzione internazionale di navigazione aerea. Nel settembre del 1920 è tenente colonnello e viene inviato a Washington come addetto aeronautico; in questa sede partecipa alla commissione aeronautica presso la Conferenza sul disarmo tenuta nel 1921 (ricevendo anche un elogio da parte del Ministero della Marina nel 1922). Tornato in Italia nel 1923, entra nei ruoli della Regia Aeronautica e nel settembre diviene colonnello del Genio Aeronautico ruolo ingegneri; nel novembre è promosso maggiore generale e nel dicembre dello stesso anno assume l’incarico di Direttore del Genio e delle Costruzioni aeronautiche. Fra i riconoscimenti alle sua qualità di ricercatore si può citare anche la Honorary Fellowship della Royal Aeronautical Society. Il 27 aprile del 1928 durante il collaudo di un paracadute di Freri, probabilmente in seguito ad un’errata manovra, muore schiantandosi al suolo nei pressi di Montecelio. A lui, primo iscritto nei ruoli del Genio Aeronautico e primo Ufficiale Generale, è stata conferita la prima medaglia d’oro al valore aeronautico; a Montecelio è stata costruita la città dell’aviazione fondata il 27 aprile 1935, città che in suo onore è stata denominata Guidonia.

 




 



 Nel 1923 incominciava anche la seconda gloriosa fase del Campo di Aviazione di Montecelio.


Abbiamo visto come fosse ben forte e radicata la volontà politica che l’Italia si dotasse di una idonea Forza Aeronautica. Allo stesso tempo tra gli aviatori che si erano formati nell’intenso e glorioso periodo pionieristico era assai viva la consapevolezza che i fenomeni legati al moto delle macchine all’interno dei fluidi, sia nell’atmosfera che nell’acqua dovessero essere sistematicamente studiati e sperimentati, per produrre mezzi efficienti e tecnicamente progrediti.


Quindi già nel 1923 veniva prevista una Sezione Sperimentale della Direzione Superiore del Genio e Costruzioni Aeronautiche, costituita dall’Istituto Sperimentale Aeronautico di Roma.


Nel 1924 fu costruita a Montecelio la prima galleria aerodinamica.. Niente a che vedere con le meraviglie inaugurate nel 1935, si trattava di un piccolo impianto all’interno di un capannone e tuttavia si potevano condurre già esperimenti. Allo stesso tempo già funzionano una sala prove motori ed una officina di precisione per mettere a punto, o costruire ex novo strumenti indispensabili quali i primi rudimentali registratori di bordo, altimetri, anemometri, contagiri.


E sempre a Guidonia veniva posta grande attenzione e studio al problema della salvezza dei piloti e dell’equipaggio in caso di abbattimento del velivolo. Si studiavano protezioni più efficaci delle persone e dei serbatoi del carburante, si provavano e riprovavano con grande cura nuovi tipi di paracadute. Proprio la sperimentazione di un paracadute, il “Salvator B” fu la causa della morte eroica di Alessandro Guidoni.


Inoltre si stabilivano i primi approcci con i problemi derivanti dal volo in quota: la rarefazione dell’aria e la conseguente diminuzione della pressione atmosferica e della temperatura. In seguto questi studi vennero sistematicamente approfonditi nell’ambito del Gabinetto fisiopsicologico dove funzionava la camera a depressione necessaria per riprodurre a terra il fenomeno della rarefazione del’aria in quota e studiare le reazioni fisiche e mentali dei piloti.. Nel 1934 quale logica conseguenza di questi studi venne costituito il Reparto Alta Quota e nel 1937 il Centro Studi e Ricerche di Medicina Aeronautica.


Le due vecchie piste del Campo di volo erano ormai inadatte ai nuovi scopi dell’Aeroporto Alfredo Barbieri e per questo nel 1927 viene approntata, su progetto del Gen. Cristoforo Ferrari, la pista in discesa, completamente pavimentata, dalla quale partirono le conquiste dei records e le imprese che resero famosi Montecelio e la Regia Aeronautica.


Ne citiamo alcuni:


Nel luglio 1928 la nuova pista in discesa contribuì non poco a rendere possibile il decollo del SM 64 di Arturo Ferrarin e Carlo Del Prete, sovraccarico di carburante. La destinazione era Rio de Janeiro, un collegamento senza scalo mai tentato da nessuno prima di allora. E l’impresa, anche se non riuscì completamente per la mancanza di carburante nel tratto finale, costituì ugualmente un’impresa strabiliante: venne infatti raggiunta la spiaggia di Touros, in Brasile, a 7188 km di distanza, dopo 49 ore e 15 minuti di volo ininterrotto. Una grande lapide posta all’inizio della pista ricorda ancora oggi la storica impresa.


Il volo di Ferrarin e Del Prete, coadiuvati dal motorista Giuseppe Da Monte, aprì la strada alla creazione del primo volo di linea intercontinentale, creato nel 1939, tra Guidonia e Rio De Janeiro.


Infatti nel 1932 venne convocato a Roma un grande congresso internazionale dedicato proprio ai voli intercontinentali.


In tale congresso venne presentato un dettagliato progetto italiano che prevedeva il volo di linea tra Roma e Buenos Ayres, da realizzarsi a mezzo di idrovolanti, certamente sotto l’influsso delle imprese di Italo Balbo. Nella discussione che ne seguì, mentre tutti erano d’accordo sulla necessità e sulla fattibilità di un simile progetto, che prevedeva uno scalo tecnico a Dakar in Africa, le opinioni divergevano quanto al tipo di aeroplano da impiegarsi.


La spuntarono i sostenitori degli aeroplani con decollo terrestre i quali si fecero forza proprio con l’esempio del volo di Ferrarin e Del Prete.


Nel 1937 il progetto venne messo a punto, con una variante: lo scalo d’arrivo sarebbe stato Rio De Janeiro in Brasile. Il compito di saggiare la rotta venne affidato ai famosissimi “sorci verdi “ di cui faceva parte anche Bruno Mussolini, il figlio del Duce.


 

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