venerdì 18 novembre 2005

 confortato dal grande successo di lettori (ho raddoppiato: da uno sono passati a 2) posto di seguito la quarta puntata;)


Aeroporto di Guidonia


Esso venne intitolato alla memoria del Ten. Col. Alfredo Barbieri medaglia d’oro al Valore, morto in combattimento il 18 febbraio dello stesso anno


 


 ALFREDO  BARBIERI

  Roma 17/7/1860 Lubiana 18/2/ 1916

 Scarse sono le notizie riguardanti Alfredo Barbieri medaglia d’argento al valor militare sul campo.




La motivazione recita:

“Comandante del Battaglione Squadriglie Aviatori,costante esempio ai suoi dipendenti di disprezzo del pericolo e di ardimento, dopo aver volontariamente preso parte a numerose ardite azioni aere sul nemico, incontrava morte gloriosa a bordo di un aeroplano durante un’azione offensiva, mentre con la mitragliatrice  accingevasi a ricacciare un attacco aereo avversario”  Il 14 febbraio, una squadriglia italiana, alzatasi nel cielo di Schio, mise in fuga gli aeroplani austriaci che bombardavano questa città, e nel cielo di Gorizia un aviatore attaccò e mise in fuga un aeroplano nemico.
Il 18 febbraio, "in risposta - come recitava il bollettino di Cadorna - alle molteplici violazioni del diritto delle genti con iniqua insistenza perpetrate dal nemico fin dall'inizio della guerra, una squadriglia di sei nostri Caproni partì per un' incursione su Lubiana. Fatti segno a nutriti tiri della contraerea nemica i nostri apparecchi poterono giungere senza incidenti a una cinquantina di chilometri da Lubiana. Ma, all'allarme dato dall'osservatorio del Monte Santo, alcuni velocissimi Fokker, alzatisi dal campo d'aviazione di Aisovizza, inseguirono la squadriglia e raggiuntala, non osando di affrontarla, assalirono l'ultimo apparecchio, pilotato dal prode capitano ORESTE SALOMONE, che tanto si era distinto nella guerra libica, il quale aveva come compagni due ufficiali, il capitano LUIGI BAILO e il tenente colonnello ALFREDO.BARBIERI.
Il penultimo Caproni, accortosi dell'attacco, si dispose ad accorrere in aiuto del compagno, poi agli ufficiali che lo pilotavano parve che l'apparecchio aggredito si fosse disimpegnato da sé e riprendesse la rotta verso Lubiana, e poiché il rombo sonoro delle eliche e lo strepito assordante dei motori non aveva loro permesso di udire lo scoppiettio delle mitragliatrici dei Fokker, non immaginarono la tragica lotta che si era svolta fulmineamente.
Ai primi colpi del nemico era stato ferito alla testa il capitano Salomone, poi furono colpiti ed uccisi, uno dopo l'altro, il Bailo e il Barbieri. Il Salomone, rimasto solo, puntò verso il territorio italiano, rifiutando di arrendersi agli aviatori nemici che, finite le munizioni, gli facevano cenno di atterrare. Nonostante il dolore che gli causava la ferita e il sangue che gli calava sul viso e gli velava la vista, quantunque i corpi dei due compagni morti gli rendessero difficile e faticosa la manovra, sorretto da un'energia sovrumana, riuscì a sfuggire ai tiri delle batterie contraeree ed atterrare in territorio italiano.
Gli altri cinque Caproni, giunti su Lubiana e fatti segni al fuoco delle batterie nemiche e agli attacchi di numerosi aeroplani austriaci, si abbassarono sulla città e tra squarci di nubi vi lanciarono parecchie diecine di granate-mine e di bombe. Un apparecchio, colpito da uno shrapnel che gli aveva danneggiato il motore, volando a bassa quota, riuscì a rientrare alla sua base dalla parte del mare. Un altro, attaccato da uno sciame di caccia austriaci ed essendo stato colpito a morte il pilota, atterrò rovinosamente nei pressi di Biglia e andò in parte distrutto. L'ufficiale superstite, il tenente romano MARCO AURELIO RIPAMONTI del 19° Reggimento Guide, fu fatto prigioniero. Gli altri apparecchi ritornarono incolumi. All'eroico capitano Salomone fu concessa qualche giorno dopo la medaglia d'oro"
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Ad Alfredo Barbieri il Comune di Guidonia Montecelio,  in occasione del 50° anniversario della sua Costituzione, volle intitolare la più grande piazza della Città. Il comando venne dislocato nel grande Casale dei Prati di proprietà della famiglia Melacini, il personale militare e civile trovò alloggio a Montecelio. In breve tempo vennero costruiti dei baraccamenti, un hangar e due semplici piste di volo.Il primo Comandante del Campo di Montecelio è il Colonnello Leone Bassano, mentre il Capo Istruttore è il Ten. Pilota Balange.Esistono alcune foto dell’epoca, molto conosciute perché ampiamente diffuse dalla Aeronautica Militare Italiana, attraverso le quali si può chiaramente rilevare la consistenza dell’originario Campo di Montecelio.Quella sopra riportata(immaginatela hehe) appartiene sicuramente alla seconda fase del Campo di Montecelio, tra il 1923, anno in cui la Base  cominciò ad assumere le sue spiccate connotazioni di Centro Sperimentale ed il 1931 anno in cui cominciarono i lavori dei grandi, futuristici impianti del Centro Studi ed Esperienze, inaugurati nel 1935.Gli edifici infatti sono ancora tutti a valle della ferrovia mentre l’aspetto dell’insieme, curato ed ordinato, non fa certo immaginare lo stato di semi abbandono in cui il Campo di Montecelio versò per alcuni anni, dopo la fine della Grande Guerra.




Quali erano i sentimenti degli abitanti di Montecelio nei confronti del Campo d’Aviazione?


Sicuramente favorevoli, improntati inizialmente allo stupore ed alla meraviglia per tanta novità.


Poi c’erano importantissimi vantaggi economici, di cui risentiva positivamente l’economia del paese: si trovavano occasioni  di lavoro, si affittavano alloggi, i commercianti facevano buoni affari. Il traffico sulla tratta ferroviaria Roma Montecelio-S.Angelo Romano aumentò e molte attività commerciali e artigianali che già gravitavano attorno alla stazione si consolidarono.


Alla fina della guerra infatti arrivarono ad essere oltre 500 gli allievi piloti presenti nella base. L’attività prevalente era quella dell’addestramento piloti anche se non mancavano attività sperimentali, cosa del resto normale in un contesto in cui tutto era nuovo: macchine e piloti.


Anche i vicini Comuni di Tivoli e S. Angelo Romano in qualche modo se ne avvantaggiarono, certo in misura minore dei Monticellesi.


In seguito, con la nascita di Guidonia, emersero problemi e risentimenti di un qualche spessore legati agli espropri dei terreni, alla lamentata inadeguatezza degli indennizzi, al fatto che in certi casi le somme vennero pagate dopo la guerra, quando ormai la lira si era enormemente svalutata ed anche alla vana speranza di alcuni proprietari di riavere indietro quei terreni che non furono mai destinati all’uso per i quali erano stati espropriati.


Era poi molto diffuso un orgoglioso sentimento patriottico, la consapevolezza che quello che si faceva nel Campo d’Aviazione di Montecelio avrebbe contribuito, come fu, alla vittoria ed alla fine della guerra.


Infine c’era anche un po’ di invidia per coloro che avevano trovato lavoro presso il Campo, svincolandosi dalla vita dura ed a volte grama del contadino.


Di questi sentimenti troviamo un’eco in alcuni scritti dell’epoca, come la lirica del poeta locale Antonio Cerqua, pubblicata dal Messaggero il 30 settembre 1917 e riportata dal Piccolini, dove esalta i valorosi aquilotti italiani che si addestravano a Montecelio, capaci di affrontare e vincere le aquile bicipiti:


…………………………….

 



 


Tu pure, Italia, in breve corso d’anni


Tutta pennuta batti forte l’ali.


Gli Austriaci indarno chiaman gli Alemanni.


In alto, Italia, fulminando assali


De l’Alpi dome su gli eccelsi nidi,


fuga, distruggi l’aquile imperiali.


Testé pulcini diventar le vidi,


fuggire ossesse riempiendo l’etra


d’ali spezzate, di rabbiosi gridi.


Più non diranno che sonar la cetra


sapevi solo e accompagnare il canto


De l’infelice che soccorso impetra.

 



 


Riguardo all’invidia più o meno marcata per coloro che lavoravano al Campo d’Aviazione sono rimasti nel dialetto dei modi di dire significativi:



“U Campu è ‘na vacca,


chi mogne e chi ratta.”

 



 


Un modo abbastanza caustico per dire che chi ci lavorava aveva raggiunto una vera pacchia, cosa data per scontata da tutti, visto che chi si recava a lavorare al Campo a sua volta diceva:


“Vajo a ‘a vacca”

 



 


 


Lo stesso don Celestino Piccolini nella sua Storia di Montecelio riferisce del prezioso aiuto prestato nel 1924 dal Comandante dell’Aerodromo ( lo chiama così) di Montecelio in occasione della importante scoperta di una caverna sopra il Casal Bruciato, a Collelargo.


La caverna era stata frequentata in epoca preistorica e conservava ossa d’animali, manufatti neolitici e sepolture umane.


Grazie al Comandante del Campo che mandò a fotografare i luoghi ed i reperti il Capitano Randaccio su richiesta del Piccolini, si poté documentare la scoperta, dopodiché i cavatori del calcare, dissennatamente, fecero saltare e disperdere tutto con le mine.


Infine ardiremmo riportare qui un sonetto del versatile don Celestino il quale, oltre ad investigare e descrivere nelle sue opere la storia e le antichità di Montecelio, piantando un albero che ha dato buoni frutti, ci ha lasciato con i suoi “Rustici Accenti” un affresco bellissimo della vita paesana e di quella cultura contadina allora ben viva e che oggi sta tramontando.


 


 


 


CAMPU D’AVIAZIONE


A Monte Celio



A Pippu de Custinu de Nenella,


‘rrivatu a Roma quanno se spusà.


ji disse ‘n vetturinu:_ Vònno fa


li sposetti una gita in carrozzella?_


_ Ddo’ ce porti? _ Co’ ‘sta giornata bella


a Ciampino chi è che nun ce va


pé vede l’aeroplani de volà?


Una gara mai vista come quella._


_ ‘Na novità! Bè propriu a Monticelli,


volanu sempre ‘nnanzi a ‘a stazione


p’esperimenti in tutti ‘i modelli:


Esse, Breda, Capruni, Sva da caccia…._


Au vetturinu, a questa descrizione,


se ji cascaru tutt’e dove ‘e raccia.


 


 E se il lettore non si farà spaventare dall’osticità del dialetto monticellese vedrà bene come una volta tanto il “paesano” si sia preso la rivincita sul “cittadino” per il quale gli aerei in volo erano ancora una meraviglia ed uno spettacolo mentre per il nostro erano ormai cosa di tutti i giorni.


Nel novembre del 1918 la Grande Guerra finisce, lasciando la Nazione vittoriosa ma esausta, delusa e disorientata.


Disoccupazione, crisi economica, problemi dei reduci, conflitti di classe aprono uno scenario di instabilità che troverà soluzione solo dopo il 1922, con l’avvento del Fascismo.....segue


 

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